L'editoriale del direttore La distruzione del Paese

La decisione di Silvio Berlusconi di far dimettere i ministri e affondare il governo uccide ogni speranza per il nostro Paese di poter rialzare la testa e poter rivedere la luce in fondo al tunnel, dopo anni di pesanti sacrifici e di crisi profonda. Domani i mercati reagiranno con il probabile rialzo dei tassi di interesse causando all'Italia un'immediata ricaduta sul costo del debito (sono 46 i miliardi di titoli da emettere nelle prossime settimane)I tuoi commenti

di Pierangelo Giovanetti

berlusconiTRENTO - La decisione di Silvio Berlusconi di far dimettere i ministri e affondare il governo uccide ogni speranza per il nostro Paese di poter rialzare la testa e poter rivedere la luce in fondo al tunnel, dopo anni di pesanti sacrifici e di crisi profonda.
Domani i mercati reagiranno con il probabile rialzo dei tassi di interesse causando all'Italia un'immediata ricaduta sul costo del debito (sono 46 i miliardi di titoli da emettere nelle prossime settimane). Martedì l'Iva aumenterà, dopo la minaccia eversiva di far dimettere tutti i parlamentari del Pdl impedendo la conversione in legge del decreto già predisposto dall'esecutivo. A dicembre dovremo pagare l'Imu, la cassa integrazione straordinaria non verrà più rifinanziata, e a questo punto appare segnata la sorte della legge di stabilità che va approvata entro il 15 ottobre, a cui era affidato il rilancio economico, a partire dal taglio del cuneo fiscale.


Gli spiragli di ripresa che l'Italia cominciava timidamente ad intravvedere sono ora definitivamente compromessi, travolti dal ritorno della sfiducia degli investitori verso il nostro Paese e dall'assenza di credibilità politica chiaramente percepita dalle cancellerie e dai mercati europei e internazionali. A tutto ciò si aggiunge, ormai inevitabilmente, il blocco di qualsiasi tentativo di stoppare la perdita di Telecom, di garantire una soluzione per Alitalia, di supportare una via d'uscita per l'Ilva, nodi cruciali dell'assetto imprenditoriale nazionale, sottraendoli ad un destino segnato da fallimentari scelte politiche di una classe di governo inetta.


Questo è il prezzo che gli italiani devono pagare per la folle e irresponsabile strategia del «muoia anch'io con tutti i filistei», con cui Silvio Berlusconi ha deciso di intrecciare la sua uscita di scena.

Le sue macerie personali e politiche devono risultare le macerie di tutti gli italiani, i quali sono condannati a rimanere travolti dalla sua fine in un apocalittico disperato cupio dissolvi. L'ultimo teatrale affondo di un ego cieco e smisurato che non concepisce nulla all'infuori di sé, per cui tutto deve venire travolto e schiacciato se le sue sorti sono dalla legge segnate.
 
È una maledizione infinita che pesa sulla testa degli italiani: un Paese preso in ostaggio da un condannato che non ha più senso delle istituzioni e dello Stato (se mai lo ha avuto), non ha più percezione della realtà e delle cose, non misura più le sue azioni e gli effetti perversi di distruzione generale che i suoi atti squilibranti  determinano. Una corsa all'autodissoluzione e al disfacimento del Paese non fermata da nessuno di quanti lo circondano, troppi lacché e camerieri che tutto devono al padrone, timorosi di tornare al vuoto da cui sono venuti.
 
Cosa potrà accadere ancora all'Italia non è dato sapere. Appare inevitabile con il suicidio decretato ieri, che sarà la troika Fondo monetario Banca centrale europea e Commissione Ue a prendere in mano il Paese a scrivere la Finanziaria, che non potrà che essere lacrime e sangue. Il blocco totale del Parlamento se permarranno le dimissioni annunciate di tutti i parlamentari dell'ex Pdl sarà una pistola puntata alle tempie del Presidente della Repubblica per costringerlo allo scioglimento delle Camere e ad andare al voto con il Porcellum. Elezioni con l'attuale legge elettorale sono destinate a non portare ancora una volta nessun vincitore nel Paese e a recapitare in Parlamento una massa di acefali devoti al padrone che li ha messi in lista.
 
Su tutto questo grava l'incognita Capo dello Stato, finora àncora al naufragio e baluardo alle onde travolgenti del mare tempestoso. Un ottuagenario prossimo ai 90 anni, costretto a rimanere sul Quirinale dall'incapacità della politica di eleggergli un successore. Il garante della Costituzione e della democrazia repubblicana, che si è già detto pronto a lasciare se persevera l'incoscienza colpevole di una politica non incline ad assumersi responsabilità. Giorgio Napolitano è l'unica speranza che ha ancora l'Italia. Non ne restano altre.
 
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