Sindacati: «Festività, le aperture non servono»

Nuovo attacco dei sindacati alle aperture dei negozi in occasione delle festività. Nel mirino, calendario alla meno, quelle del 25 aprile e del 1° maggio prossimi. «Non è ancora certo quali catene apriranno: ormai la situazione è tale che tutti, soprattutto i supermercati, si "marcano", attendono di capire cosa faranno i concorrenti. Insomma, tutti si dicono orientati a non aprire, a meno che la concorrenza non lo faccia. E nel dubbio, alla fine, quasi tutti sono aperti»I tuoi commenti

di Leonardo Pontalti

commercio negozi turismo shopping saldiTRENTO - Nuovo attacco dei sindacati alle aperture dei negozi in occasione delle festività. Nel mirino, calendario alla meno, quelle del 25 aprile e del 1° maggio prossimi. «Non è ancora certo quali catene apriranno: ormai la situazione è tale che tutti, soprattutto i supermercati, si "marcano", attendono di capire cosa faranno i concorrenti. Insomma, tutti si dicono orientati a non aprire, a meno che la concorrenza non lo faccia. E nel dubbio, alla fine, quasi tutti sono aperti».


In tempi in cui ormai le aperture domenicali sono ormai la regola, non è, tuttavia, una battaglia di retroguardia, quella dei sindacati, spiegano Roland Caramelle (Filcams Cgil), Lamberto Avanzo (Fisascat Cisl) e Walter Largher (Uiltucs Uil): «Se davvero il fatto di lavorare di domenica e nei giorni di festa servisse a far guadagnare di più ai lavoratori e far mantenere loro il posto di lavoro, saremmo i primi a essere pronti a parlarne», spiega  Walter Largher : «Il fatto, invece, è che non è così. Le aperture non servono. Solo i centri commerciali ormai hanno meccanismi da impianto industriale: possono lavorare a ciclo continuo perché tanto l'incidenza delle spese non cambia. Ma per tutti gli altri esercizi, ogni apertura festiva si paga caramente, il gioco non vale la candela».


«I datori di lavoro sono i primi a saperlo - rincara  Lamberto Avanzo  - perché aprire in queste occasioni si hanno spese molto maggiori. Dalle maggiorazioni per il personale alle spese vive, è tutto molto più caro, a fronte molto spesso di entrate irrisorie. Eppure ci si ostina ad aprire, per una questione di immagine, per non essere da meno di eventuali concorrenti. È una corsa allo sfascio».
«Il fatturato cala e ci si continua ad illudere che aprendo, se si potesse, anche la notte, le cose migliorerebbero - aggiunge  Roland Caramelle  - invece, con la capacità di spesa dei consumatori che è sempre minore, le aperture sempre più indiscriminate non portano un euro in più di fatturato ad alcuno. Il risultato è fatto solo di danni per tutti. I lavoratori che non hanno più tempo libero, i datori che hanno solo più spese e poi cercano di recuperare tagliando sull'incidenza del costo del lavoro».


«La questione è semplice», spiega ancora Largher: «Dato che aprire di più non serve, ci si deve interrogare su cosa vogliamo. Diventare come la Lombardia o il Veneto o guardare al modello altoatesino o austriaco o bavarese, dove di domenica e nelle festività si chiude e tutti vivono molto più serenamente?» Una domanda che Caramelle rivolge anche ai parlamentari trentini: «Alcuni di loroc avevano promesso che a Roma si sarebbero mossi per modificare il Salva Italia ma nessuno ha ancora dato segnali in questo senso».  

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