«I tossicodipendenti si curano il carcere non è la soluzione»
«Potenziamo le strutture riabilitative: il carcere non è la soluzione giusta, perché è più costoso e, come dimostrato anche da questa intervista, non riesce a risolvere i problemi delle persone». L'appello arriva da Angelo Parolari, presidente di Voce Amica, il centro di Villa Lagarina che da anni si prende cura di persone tossicodipendenti. «Bisogna investire sulle strutture, anche perché un detenuto costa circa 200 euro al giorno allo Stato, mentre le comunità terapeutiche per le tossicodipendenze spendono circa 60 euro al giorno»
«Potenziamo le strutture riabilitative: il carcere non è la soluzione giusta, perché è più costoso e, come dimostrato anche da questa intervista, non riesce a risolvere i problemi delle persone». L'appello arriva da Angelo Parolari, presidente di Voce Amica, il centro di Villa Lagarina che da anni si prende cura di persone tossicodipendenti.
«Il carcere riabilita? Ma non diciamo sciocchezze, su 100 detenuti 101 escono più arrabbiati, frustrati e rancorosi di come sono entrati, non certo migliori»: questo era, in sintesi, il concetto emerso dall'intervista rilasciata da Mario (il nome è di fantasia), un uomo reduce da un periodo di detenzione nel carcere di Trento.
«Tutto quello che avete scritto non mi sorprende assolutamente, anzi. Il carcere non riabilita le persone: e se non ci riesce la struttura di Trento, che è un modello a livello nazionale, figuriamoci cosa accade in carceri di altre città, che sono messe molto peggio».
Procediamo con ordine, partendo da un dato: un quarto dei detenuti lo è per reati legati alla droga.
«A Trento sì, a livello nazionale la percentuale è molto più elevata. Si parla di spaccio, rapine e furti soprattutto, ma c'è anche qualche di omicidio o di sequestro di persona. Il nodo centrale è che per le tossicodipendenze, che sono spesso legate e associate a patologie psichiatriche di varia natura, necessitano di cure. Queste persone vanno curate e rieducate alla vita. Il carcere non lo fa: basti pensare al fatto che chi espleta la propria pena in strutture riabilitative nella maggior parte dei casi non ha ricadute. Chi invece va in carcere poi esce e molto spesso torna a compiere reati».
La soluzione per queste persone quale sarebbe quindi?
«Sarebbe di offrire loro una soluzione, un percorso alternativo, che è rappresentato dalle strutture riabilitative. In Trentino ce ne sono quattro, ovvero Voce Amica, il Centro Trentino Solidarietà, il Centro Antidroga Camparta e Nuovi Orizzonti. Noi da anni accettiamo detenuti, che sono circa il 40% sul totale dei 23 posti che abbiamo: abbiamo uno stretto e ottimo rapporto di fiducia con il tribunale di sorveglianza, ma resto convinto che si debba fare di più e potenziale le strutture riabilitative. Faccio un esempio: da noi i detenuti restano, ovviamente, per tutto il tempo della pena ma in molti casi restano più a lungo perché vogliono completare il loro percorso. Vogliono finire quello che hanno iniziato...»
Invece è molto difficile che qualcuno abbia mai chiesto di restare in carcere più a lungo... Ma perché non si potenziano le strutture se quello che accade è questo? Parrebbe la soluzione più ovvia...
«Parrebbe la più ovvia anche perché un detenuto costa circa 200 euro al giorno allo Stato, mentre le comunità terapeutiche per le tossicodipendenze spendono circa 60 euro al giorno».
A parità di servizio?
«No, nelle strutture riabilitative il servizio è migliore: ci sono psichiatri, ad esempio, che parlano quotidianamente con le persone e non per mezz'ora alla settimana. Quindi il problema non è certamente economico, ma sociale e politico: non ci si rende ancora contro della gravità di questo problema. Io sostengo che la tossicodipendenza, che porta le persone a commettere dei reati, sia una malattia e quindi va curata, non solo punita con il carcere».
Qual è l'evoluzione della droga qui in Trentino?
«La tendenza è che siano coinvolti sempre più i giovani, anche ventenni. E anche per questo, a maggior ragione, devono essere allontanati dalla strada della delinquenza con un percorso. Ci sono anche ragazze e devo dire che i «classici» eroinomani ormai non esistono quasi più: la nuova dipendenza è l'assunzione di parecchie droghe differenti, dal crack alla cocaina, dagli allucinogeni alle anfetamine passando per le nuove cosiddette molecole. Si tratta di droghe che devastano il cervello».
Lei è favorevole allo svuota carceri?
«No, direi proprio di no. Però dico con forza che il carcere non è la soluzione giusta almeno per quel quarto di detenuti che sono lì per reati legati alla droga. Sono persone che devono essere curate e i centri come il nostro lo fanno: se ce ne fossero di più riusciremmo a salvare molte più persone».