Bar dei Cavai: un nuovo locale Ma San Martino non ci sta
L’annuncio, nel quartiere, l’ha affisso Giancarlo Galvagni, gestore del Caffè del Corso in largo Nazario Sauro: «A breve riaprirà il Bar dei Cavai 2018». Un proclama che ha fatto gioire i seguaci dei locali storici ma che, al contrario, ha fatto indispettire gli abitanti di San Martino.
Ma andiamo con ordine.
I Cavai - o Scuderia del Teroldego come riporta lo stemma in ferro battuto all’imbocco della via per chi viene dal castello del Buonconsiglio - ha fatto la storia di questo borgo artigianale e popolare a due passi dal centro storico. Era un punto di incontro e di mescita fin dalla fine della Seconda guerra mondiale. Poi, il primo gennaio dell’anno scorso, quella parentesi di vita vissuta, di scambi commerciali e goliardia si è chiusa per sempre.
Il marchio, adesso, è stato restituito assieme alla licenza di pubblico esercizio al Comune. Al suo posto aprirà un negozio di abbigliamento sportivo, l’esatto opposto di quello che offrivano i locali un tempo. Ma così va il mondo. Galvagni, però, ha deciso di rilanciare la saga riaprendo, proprio accanto, il «Bar dei Cavai 2018» e infilandoci nientemeno che il vecchio arredamento del blasonato «nonno». E il «futuro» riguarda pure l’anagrafe visto che l’oste sarà il figlio ventenne Gregory.
A San Martino non l’hanno presa bene. «Certo che no! - sbottano in tanti, ex clienti ma pure artigiani - Questo è un paesone e la memoria non difetta a nessuno. Di bar dei Cavai ce n’era uno solo e rimarrà quello per sempre».
A far storcere il naso ai «paesani» urbani, però, è anche la politica dei prezzi a ribasso adottata dal futuro gestore. Ma questo è un capitolo a parte che rientra nella libera concorrenza e nelle simpatie. Certo che rivedere i Cavai aperti... «Ma quando mai! Non sarà mai il locale storico, quello dove si beveva in piedi e ci passavano tutti, l’osteria frequentata dai “siori” e dai “poreti”».
Insomma, nemmeno il tempo di aprire («sarà a brevissimo», comunicano i diretti interessati) che già monta la polemica. E passa in secondo piano il cambio di tabella merceologica, con i «biceroti» di Teroldego che lasciano il posto a scarpe da trekking e a giacconi tecnici.
La doppia apertura - bar e negozio - è comunque un segnale di rinascita del quartiere. Che proprio quando i Cavai hanno spento la luce si è sentito in qualche modo abbandonato. E in tanti, in questi giorni, ricordano Guido Fedel, primo oste del vero teatro di San Martino. È stato lui, per 40 anni, a menare le danze dietro il lungo bancone in un posto dove le sedie erano bandite perché, appunto, si stava in piedi come i cavalli. E quello era un «ambiente», come si diceva allora, dove si celebravano gli ultimi scampoli di ordinaria trentinità, ruvida e un po’ sbracata ma sana.