Sfrattati: un tetto solo se divisi Ma i coniugi dicono "no"
Il licenziamento tre anni fa, l’impossibilità di trovare un’occupazione, l’indennità che tarda, il reddito familiare che crolla, lo sfratto per morosità, la lotta per ritrovare il lavoro e la casa.
Cioè due diritti fondamentali.
La storia di Giuseppina e Luigi, moglie e marito, che prima di precipitare nel dramma sociale vivevano in un appartamento a Martignano, è una pagina di storia di quest’epoca che sulla scia o a volte col pretesto della crisi economica lascia troppe vite a fare i conti con le criticità del sistema. In questo caso anche con le debolezze dell’impianto del welfare locale.
La primavera scorsa i coniugi si sono visti costretti addirittura a vivere nella loro automobile per un paio di mesi, a San Rocco di Villazzano, insieme con i due gatti e il cane di famiglia.
Entrambi sulla cinquantina, lui disoccupato dal 2016, lei invalida e lavoratrice part-time, si stanno battendo per ritrovare una situazione stabile, una vita normale. Nel frattempo hanno trovato ospitalità a Ravina, a Casa Paola, tutti insieme, grazie all’associazione «Amici dei senza tetto».
Tirano avanti grazie al reddito di cittadinanza di Luigi e al salario di Giuseppina, che da un paio d’anni lavora quattro ore al giorno per una cooperativa che fa bottoni per strumenti musicali. Ma mettere insieme un migliaio di euro al mese non basta per trovare una casa in affitto a Trento, anche perché senza «credenziali» più solide difficilmente i proprietari concedono gli apaprtamenti in locazione. Ma contare su un introito minimo del genere significa anche non rientrare nella fascia di persone in povertà cui spettano una serie di strumenti di sostegno pubblico. Inoltre, l’essere una famiglia senza figli aggiunge ulteriori penalizzazioni che fanno scivolare Luigi e Giuseppina verso il basso nelle graduatorie per alloggi sociali. La coperta del welfare è corta. E per chi si trova in questa sorta di terra di nessuno dal punto di vista del reddito, è particolarmente complicato trovare sostegno istituzionale per sbarcare il lunario.
Non bastasse, nei giorni scorsi è arrivata dai servizi sociali una notizia che ha raggelato i coniugi: data l’emergenza invernale, con la necessità di reperire nuove strutture per ospitare le persone senza fissa dimora, non sarà possibile assicurare alla famiglia la possibilità di restare unita sotto lo stesso tetto. Il dispositivo prevede, infatti, che gli uomini e le donne vengano alloggiati in contesti abitativi separati. Quindi, secondo l’annuncio degli assistenti sociali, marito e moglie dovrebbero vivere ognuno per conto proprio, se vogliono usufruire dell’accoglienza invernale. Una soluzione simile, peraltro, era stata prospettata dal Comune anche nella primavera scorsa ma chiaramente era stata scartata dalla famiglia, che in questa situazione dolorosa intende tenersi stretta, almeno, l’unità.
Già mesi fa lo stesso Comune aveva annunciato l’impegno a trovare una situazione «non solo transitoria» per Giuseppina, Luigi e tutte le persone nelle stesse condizioni. Ma evidentemente quel risultato non è arrivato e i coniugi hanno trovato per ora una soluzione non definitiva e una rete sociale che sotto varie forme cerca di dare una mano almeno per mitigare i vari disagi che la coppia giocoforza deve affrontare in attesa di poter finalmente ripartire da una nuova stabilità.
Il caso è stato preso a cuore dal consigliere comunale Jacopo Zannini (L’altra Trento a sinistra) che lancia un duplice appello: per trovare un appartamento in affitto e affinché le istituzioni si prendano carico anche di chi si trova in questa fascia sociale che resta ai margini dei principali dispositivi di supporto.