Centro / Il caso

Movida a Trento, l’Udu rivendica spazi di socialità: «basta criminalizzare i giovani»

Dura nota dell’Unione degli universitari sui provvedimenti del Comune: «In tanti anni non si è mai cercata una vera soluzione»

TRENTO. «Non è movida: a Trento mancano spazi per giovani e studenti». Lo scrive l’Unione degli Universitari (Udu) in una nota sui recenti provedimenti del Comune.
«Per tutta la pandemia, il tenore dei titoli e degli articoli di giornale è stato costantemente
accusatorio nei confronti di studentə e giovani: ora, in particolare, siamo il bersaglio perfetto
contro cui puntare il dito, colpevoli di uscire la sera per ritrovare una parvenza di socialità.
Non si fa che parlare di Scaletta, di movida trentina, e quindi di studenti che si riversano
nelle vie del centro svegliando i residenti.
Come Unione degli Universitari di Trento crediamo che la colpevolizzazione di cui noi
giovani siamo oggetto lasci il tempo che trova, perché Trento non dispone di spazi diversi in
cui spostarsi per diluire la “folla”
e non ha valide alternative dove passare il proprio tempo in
sicurezza e con i servizi necessari, come bagni pubblici o mezzi di trasporto notturni. Quella
che i giornali definiscono movida è in realtà la manifestazione del bisogno di socialità,

costretto a svilupparsi sempre negli stessi luoghi, perché gli unici attrezzati e con prezzi
accettabili. Negli anni non si ha mai voluto trovare una soluzione, solo mettere delle pezze,
come la nuovissima idea di rimuovere le panchine».
Dichiara la coordinatrice dell’UDU Trento Paola Paccani: «Non vogliamo rivendicare il diritto
di fare assembramenti, che peggiorerebbero solo la situazione, ma il diritto di avere degli
spazi degni di una città universitaria e di essere consideratə. Non possiamo più tollerare il
trattamento a noi riservato: vogliamo dialogare con l’amministrazione comunale, e per
questo abbiamo chiesto un incontro con il sindaco per avviare un tavolo di discussione con
residenti ed esercenti. Faremo il possibile per trovare soluzioni che ci permettano di
conciliare il rispetto delle regole anti-contagio e degli spazi comuni con la possibilità di vivere
la città in cui studiamo. Noi siamo cittadin* di Trento tanto quanto chi qui ci è nat* e
pretendiamo che i nostri diritti siano riconosciuti».

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