Raccolta di firme sul referendum anti-caccia, ma i comitati sono due e la Lav è critica: serviva unità
Anche in centro a Trento i banchetti per l'autenticazione (nella foto), con parecchie persone in coda, mentre nel mondo animalista si discute di questo sdoppiamento delle iniziative referendarie alle quali le principali organizzazioni ecologiste non prendono parte
LE RACCOLTE Eutanasia legale, raggiunte le 500mila firme: spinta dalle adesioni online
TRENTO. Parecchie persone in coda anche a Trento, oggi, per aderire alla raccolta di firme a mfavore del referendum abrogativo sulla caccia proposto dall'associazione Rispetto animali.
Si tratta di uno dei due comitati referendari che hanno avviato la raccolta di firme contro la caccia.
Una doppia iniziativa in parallelo che, fra l'altro, che non ha mancato di sollevare critiche, come quelle della Lav che parla di improvvisazione da parte dei promotori delle due raccolte di firme (vedi più in basso).
Rispetto animali spiega: "La decisione non è più rinviabile: il Movimento “Ora Rispetto per tutti gli animali” propone 5 (cinque) referendum in materia animalista ed ambientale; in primis la richiesta dell’abolizione della caccia quale esito conclusivo di un lungo lavoro, protratto per anni, di approfondimento delle problematiche che interessano la tutela di animali e natura e di elaborazione di soluzioni che devono passare inevitabilmente attraverso una chiamata referendaria".
L'altro comitato che sta raccogliendo firme per i propri quesiti è "Sì aboliamo la caccia", che fra l'altro lamenta il disinteressa o addirittura le critiche da parte delle principali organizzazioni nazionali ecologiste e animaliste.
"Il nostro lavoro - si legge in un comunicato - parte da lontano: è iniziato ad ottobre 2020 ed abbiamo chiesto e invitato tutte le associazioni animaliste dalle più grandi alle più piccole a partecipare e costruire assieme questa iniziativa di civiltà, ma abbiamo sempre ottenuto risposte negative con motivazioni francamente incomprensibili.
È ovvio che ci sarà sempre la possibilità di perdere, ma un conto è combattere assieme e cercare il risultato, altro è il disfattismo a prescindere.
Nessuno ha detto che perdendo questo momento si dovrà poi scalare di almeno quattro anni ed ogni anno vengono uccisi duecento milioni di animali e non è che tra quattro anni il pericolo di perdere sia diverso.
Abbiamo avuto la fortuna di conoscere migliaia di volontarie/i che da ogni parte della nazione italiana si sono resi disponibili a lavorare donando le proprie risorse per far parte della nostra organizzazione".
Per parte sua la Lega antivivisezione, che come detto ha criticato le due iniziative, spiega così la sua posizione: "La Lav è da sempre contraria alla caccia e convinta che un percorso referendario, seriamente e responsabilmente programmato, può essere una opportunità da sfruttare per raggiungere l’obiettivo.
Lo dimostra la sua storia, fin da quando, nel 1986 e 1989 (con il voto perso per non raggiungimento del quorum, nel giugno 1990), è stata co-promotrice dei referendum anticaccia di quegli anni e fin dal 1980 quando ha partecipato alla raccolta firme di un altro referendum sullo stesso tema nonché agli analoghi tentativi in alcune Regioni, dall’Emilia Romagna al Piemonte.
Il 1° luglio scorso sono state avviate le raccolte firme per la presentazione di referendum contro la caccia, proposti con testi differenti da due diversi comitati.
Già questo è un elemento che introduce una forte criticità, innescando una sorta di concorrenza che giocoforza graverà sui due fronti in termini di firme raccolte.
A tale proposito è noto che un referendum, per poter essere indetto, deve essere corredato di almeno 500.000 firme certificate a sostegno, il che vuol dire che le firme raccolte ai tavoli alla presenza di certificatori abilitati e nelle segreterie comunali devono essere almeno 700.000, per poter essere certi che, nonostante una quota sarà inevitabilmente scartata per vizi, questa non intacchi la possibilità di portare il referendum prima alla Corte costituzionale e poi al voto dove è necessario si rechi almeno il 50% + 1 degli italiani.
La raccolta firme è un’attività che richiede un notevole sforzo non solo per l’organizzazione dei tavoli, che devono avere diffusione capillare e presenza giornaliera sul territorio, ma anche per la promozione e la comunicazione allo scopo di coinvolgere ed attrarre ai tavoli il maggior numero possibile di persone.
C’è quindi la necessità di avere a disposizione una grande capacità economica, almeno un milione e mezzo di euro, che poi crescerà ulteriormente nel caso in cui il referendum dovesse essere indetto nonché decine di persone a tempo pieno presso una sede nazionale e non un recapito presso un’abitazione privata.
A partire da queste considerazioni molto concrete, la Lav aveva fornito alcuni consigli organizzativi ai comitati promotori dei referendum, consigli che non sono stati accolti, al punto che i comitati hanno proseguito lungo la loro strada autonomamente dalla Lav ma anche - ne prendiamo atto - da tutte le altre maggiori associazioni animaliste e ambientaliste nazionali, dotate di sedi diffuse sul territorio.
Ora la raccolta firme è in pieno svolgimento e tante persone si rivolgono a noi per chiedere la nostra opinione in merito.
Dal nostro punto di vista e sulla base della nostra esperienza, i due comitati hanno delle gravissime lacune organizzative che determineranno il fallimento della raccolta firme, comportando disastrose ricadute sugli animali.
Lacune che sono dovute, in estrema sintesi, all’aver considerato il percorso referendario come fosse una raccolta firme per una petizione online o una pur onerosa ma non impossibile – l’abbiamo fatta tre anni fa e la stiamo vincendo sulle gabbie negli allevamenti – Iniziativa Europea dei Cittadini.
Fin dall’inizio è stata evidente l’approssimazione: lanciare più referendum, nello stesso momento, sullo stesso argomento, è di per sé un suicidio.
Poi sembrava che i due comitati fossero rinsaviti e si fossero riuniti, illusione durata pochi giorni, fino a quando si sono nuovamente divisi e ora abbiamo due comitati con nome simile che raccolgono firme su diversi testi anticaccia.
Non dimentichiamo poi che era stato depositato mesi fa in Cassazione anche un testo di referendum contro la vivisezione, del quale però si sono perse le tracce.
Al momento la comunicazione è tutta limitata ai social, non si vedono affissioni, mancano gli spot alla radio e alla televisione, non risultano spazi acquistati sui quotidiani, la questione referendaria è assente nel dibattito politico.
Tutto ciò contribuisce a mantenere l’informazione limitata all’interno del mondo già di per sé contrario alla caccia, escludendo tutti quei cittadini che rappresentano la maggioranza del mondo anticaccia.
A tutto ciò aggiungiamo il periodo estivo post lock down che pesa ulteriormente in maniera negativa.
Per tutte queste ragioni la Lav ritiene che i due comitati referendari non abbiano purtroppo alcuna possibilità di raggiungere il numero di firme necessario per essere indetti.
Nel frattempo qualche giorno fa la commissione Agricoltura del Senato ha approvato, all’unanimità delle forze politiche, un documento nel quale chiede al governo di sovvertire lo spirito della legge 157/92, trasformandola da norma incardinata sulla tutela di ogni specie di fauna selvatica, a legge che detta indicazioni per la gestione degli animali in funzione degli interessi umani.
Il fronte anticinghiali e anti fauna selvatica è sempre più compatto e forte, coeso sui danni prodotti all’agricoltura e i rischi per la sicurezza.
E’ chiaro che in un contesto del genere il fallimento della raccolta firme per i referendum, darà un incredibile impulso alle istanze dei cacciatori, alle loro sponde politiche e soprattutto a coloro che non hanno posizione netta sulla caccia ma che saranno certo influenzati dalla disparità delle forze in campo.
Siamo convinti che la caccia debba essere abolita, ma lo si deve fare con un percorso ragionato, strategico e soprattutto condiviso fin dai primi istanti con tutto il mondo anticaccia per creare un fronte unico e compatto.
La Lav aveva già deciso mesi fa di avviare un confronto in questo senso dal 2022, da quando cioè saranno ammesse le firme per i referendum sottoscritte tramite Spid.
E lo faremo. Ognuno è, deve essere responsabile delle proprie azioni e non può scaricare su altri, che non si sono voluti ascoltare, responsabilità proprie. Gli animali, la loro vita, i loro diritti, hanno bisogno di azioni realizzate con la testa oltre che con il cuore.