Le nonne del Centro Anziani e le coperte «fatte a mano» donate al bar Barrio di San Martino
Prima del lockdown, le signore si ritrovavano lì per lavorare a maglia. Poi tutte le attività si sono fermate, ma non loro, che hanno completato tredici plaid per i clienti
TRENTO. Ai coperti ci pensano i titolari, Lorenzo Carlucci e Jacopo Zanolini; alle coperte, per i clienti che si accomodano ai tavolini esterni del Barrio, in San Martino, ci hanno pensato le abili mani delle signore del Centro servizi anziani di via Belenzani.
Primi freddi in arrivo, ma a scaldare i cuori arriva una storia di entusiasmo e umanità semplice ma profonda, a colpi di ferri da maglia. Quelli usati da Anna Chemelli, Carla Lunelli, Chiara Bortolotti, Bruna Antoniacomi, Gabriella Rigo, Mirella Tomasi e Giovanna Vallese per confezionare le 33 coperte di lana donate al locale, per le sedie dei tavoli esterni. Posti a sedere che saranno avvolgenti anche all’aperto grazie a un incontro avvenuto prima della pandemia, ma che la pandemia non ha inaridito.
Alcune delle “signore delle coperte” avevano iniziato a frequentare El Barrio a fine 2019, incoraggiate dalle operatrici del Centro di via Belenzani da sempre impegnate per far sì che chi si ritrova a due passi dal Duomo si arricchisca - e arricchisca gli altri - aprendosi a tutta la cittadinanza. Di idee ne erano nate subito parecchie, finché tutto si era concretizzato in una serie di incontri per ricamare e lavorare a maglia, ogni mercoledì.
Un’attività pensata «non solo affinché le nostre signore potessero trascorrere il loro tempo anche lontano da via Belenzani - spiega Gemma Fiori, della cooperativa Kaleidoscopio, che gestisce il centro - ma avessero anche l’occasione di insegnare ad altri a fare a maglia, proprio al bar».
Ogni entusiasmo era stato spento però dal Covid: la pandemia aveva fermato tutto. Anche l’attività al Centro, anche le mattine in San Martino. Non si erano fermate loro, però: Anna, Carla, Chiara, Bruna, Gabriella, Mirella e Giovanna avevano continuato a sferruzzare, pensando a chi aveva aperto loro le porte.
Cosa seria, solida, insomma, quella del legame tra le “signore delle coperte” e El Barrio. Più forte dell’emergenza. Zitte zitte, con Gemma che procurava loro la lana consegnandola a domicilio alle anziane, loro hanno continuato a lavorare, pensando a chi le aveva fatte subito sentire parte di una comunità - come quella di San Martino - e ne aveva valorizzato l’esperienza. Bella, la gratitudine. E non scontata, soprattutto oggi, tanto che anche lo stesso Lorenzo Carlucci, tra chiusure e grattacapi legati alla gestione del bar nei mesi scorsi, delle coperte si era dimenticato.
C’è da comprendere tutto lo stupore con cui lui e Jacopo hanno accolto l’arrivo, nei giorni scorsi, del particolare... carico: «Non voglio esagerare, ma mi sono davvero scese le lacrime - racconta l’esercente - quando ho visto le coperte e le ho contate non ci credevo, sul serio». Sempre sottolineando l’affetto delle signore, Carlucci spiega come il loro dono lo abbia reso felice due volte: «Attraverso quello che hanno fatto, ho potuto vedere concretizzata quello che è sempre stata la mia idea di locale: un luogo di incontro, di arricchimento per tutti, che sappia fare comunità e consolidarla».
La riconoscenza e l’inventiva delle sette signore, col variopinto frutto del loro impegno, ora sono già sotto gli occhi (e pronte a posarsi sopra le gambe) di tutti coloro che passeranno a El Barrio: le coperte sono subito state utilizzate, in modo che tutti possano conoscere e apprezzare questa bella pagina di calore - è il caso di dirlo - umano.
Fra un caffé e un aperitivo, o anche solo transitando lungo la via principale di uno dei quartieri della città che si conferma davvero pulsante e vivace nel senso più genuino e piacevole, buttate un occhio sulle coperte, sorridete e tendete l’orecchio: potreste sentire il tintinnare argentino dei ferri che si incrociano, come hanno fatto per mesi sotto sguardi attenti e sorridenti.