L'incidente e la rinascita: la seconda vita di Alessandro Rocca
L’aiuto di famiglia, amici e colleghi lo ha portato a tempi record di nuovo al lavoro: non può fare interventi essendo in sedia a rotelle, ma divide il lavoro tra laboratorio radio, centrale operativa, nucleo droni e la telefonia
TRENTO. C'è un prima e un dopo nella vita di Alessandro Rocca, 48 anni, vigile del fuoco permanente a Trento. E la data spartiacque è il 23 aprile 2022, il giorno dell’incidente.
«Stavo parcheggiando il trattore quando sono caduto con il mezzo che si è rovesciato lungo quattro muretti. Avevo solo due costole non lesionate ma soprattutto si è rotta la spina dorsale». Sette mesi - e poco più - dopo è tornato al lavoro. In sedia a rotelle ma è rientrato nella caserma di piazza Centa. Un miracolo accelerato considerano che quando è entrato a Villa Rosa, circa un mese dopo l'incidente, faticava a respirare e non riusciva a tenere in mano il cellulare.
«Ho dovuto imparare nuovamente a fare ogni cosa, anche le più banali - racconta Rocca - e ci sono riuscito grazie ad un sacco di persone che mi sono state vicine e che mi hanno aiutato a iniziare a vivere questo nuovo capitolo della mia vita».
Una storia di dolore e di rinascita, quella di Alessandro Rocca che inizia a Trambileno (luogo dell'incidente) si snoda fra Trento (in rianimazione), Pergine (Villa Rosa) e di nuovo Trento (la caserma di piazza Centa) e che ha tantissimi protagonisti ai quali il pompiere vuol dire grazie. Perché, come dice lui stesso «non credo di meritarmi tutto quello che ho ricevuto in questi mesi». Un modo di leggere quello che gli è successo in grado di trasformare una tragedia in un nuovo inizia e una riscoperta del significato di parole come amicizia, vicinanza, spirito di corpo e famiglia.
«Dell'incidente ho solo dei flash che mi sono tornati in mente nei primi giorni di ricovero, quasi come fossero dei sogni. Che la situazione fosse critica l'ho capito al risveglio - racconta Rocca - e poi mi è stato detto che, quando è arrivata la dottoressa con l'elisoccorso, mi ha fatto salutare mia moglie perché non era certo che sarei sopravvissuto. Io riuscivo a parlare, sono stato definito “paziente collaborante”, ma non ho memoria di nulla».
Quindi il ricovero, l'intervento con il sala (come anestesista, lo stesso medico che l'aveva soccorso a Trambileno) e poi il trasferimento a Villa Rosa. «Che è un centro di eccellenza dove mi hanno aiutato tantissimo. Sono molto grato a tutti, dal primario agli oss ma un pensiero speciale va ai fisioterapisti che sono stati veramente speciali», ricorda Rocca. Il percorso è stato lungo ma il vigile del fuoco lo ha potuto percorrere con il supporto di tante persone.
«I giorni in cui non è venuto nessuno a trovarmi in cinque mesi, potrei contarli su una mano. Gli amici, i paesani, i colleghi ci sono sempre stati e sono stati vicini a mia moglie Giusy e dei miei figli». Con piccoli e grandi gesti. «Quando ho avuto l'incidente stavo facendo la legna. Un lavoro iniziato che non avrei più potuto terminare. Ma al mio posto e senza che chiedessi nulla, lo hanno fatto i miei paesani che hanno fatto anche il taglio estivo e poi hanno pure impilato la legna. Un gesto che mi ha riempito il cuore. Prima del mio ritorno a casa c'è chi ha predisposto delle rampe perché potessi accedere sia all'appartamento che al giardino. Un intervento fatto spontaneamente e che assieme a tanti altri episodi mi ha fatto chiedere “ma io mi merito tutto questo?”».
E poi c'è la storia della strada. «Per raggiungere casa mia, a Trambileno, c'era una strada bianca. Avevo in progetto di asfaltarla ma prima era necessario anche fare un muro di contenimento. Lavori che avevo rimandato e che sono diventati urgenti ora». Lavori a cui non è più necessario pensare, perché ci hanno pensato gli altri grazie ad un’azione congiunta che ha visto in azione il cognato di Rocca, artigiani del paese e i vigili del fuoco e anche il sindaco Patoner, coscritto di Rocca. Una perfetta macchina che ha dovuto lavorare in fretta, per precedere l'inverno.
«È stata una magia alla quale hanno risposto tanti colleghi. È bastato che il mio capo mettesse un avviso in bacheca e un sabato ho trovato 27 pompieri al lavoro assieme ai miei paesani. In tre giorni il muro è stato fatto. Direi che è quasi un record». Una vicinanza "materiale" ma anche di sentimenti, fatta di piccoli momenti. E forse anche questo ha aiutato Rocca a continuare ad andare avanti.
«Momenti neri ne ho avuti - spiega - ma sono stati molto rari. Ho affrontato la situazione con positività, cercando di guardare sempre avanti e con l'idea di poter ripartire. Certo la mia vita è cambiata e me ne rendo conto in ogni momento, ma ho degli obbiettivi ancora da raggiungere, delle sfide che voglio cercare di vincere».
Fra queste c'era il ritorno al lavoro e c'è il ritorno allo sport, alla montagna. «Ho provato con l’handbike e continuerò a farlo - racconta - ma voglio cercare il modo anche per tornare a sciare, ad andare in montagna. Voglio trovare un modo, certamente diverso, per tornare a fare quello che facevo nella mia vita numero 1».
E pochi giorni fa è iniziata una nuova fase della vita “due”. «Sono rientrato al lavoro - spiega grazie anche alla collaborazione dei colleghi e della comandante Lazzeri. Certo, non posso fare interventi ma mi dividerò fra il lavoro nel laboratorio radio, la centrale operativa, il nucleo droni e la telefonia». In sedia a rotelle ma sempre pompiere.