Ianeselli e la pista ciclabile della discordia: «La città va cambiata, dobbiamo abituarci»
«Si tratta di cambiare mentalità, abitudini. Non vogliamo costringere nessuno a rinunciare all’auto, ma è più comodo e anche più veloce». E scherza: «Mi danno del biciclettaro, come fosse un’offesa»
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TRENTO. «Mi danno del biciclettaro, come fosse un’offesa. Io penso che al di là degli attacchi politicamente strumentali, vivibilità e sicurezza non abbiano colore o fazione. E il futuro, se lo vogliamo vivibile e sicuro, nelle città passa dalla riduzione delle auto». La realizzazione della pista ciclabile in via Grazioli, al di là dei problemi legati alle manovre di bus e corriere, ha riacceso il dibattito sugli investimenti per la mobilità dolce in città. Con il sindaco Franco Ianeselli che rilancia, sulla convinzione di andare (o meglio pedalare) nella direzione giusta. «L’unica cosa che mi dà fastidio è il fatto di voler far passare quella delle bici come l’imposizione di un gruppo di invasati green o di hipster. Che sia chiaro, qui nessuno impone nulla a nessuno. Né alcuno si permette di pensare ai ciclisti come tutti bravi e agli automobilisti come tutti cattivi. Tutti siamo consapevoli del fatto che rinunciare all’auto sia complesso, soprattutto in una città come la nostra fatta di tanti sobborghi e che raccoglie ogni giorno tanti pendolari.
Il discorso è un altro. Non bici per tutti e niente auto. Bensì bici - in sicurezza e con una rete adeguata - per chi può e vivendo e spostandosi in area urbana può trarre solo benefici dal ridurre le ore perse a cercare parcheggio, ad esempio. In modo che le strade siano più percorribili - e dunque per tutti la città più vivibile - per chi invece non può usare la bici. Si avranno così vie meno intasate e una Trento davvero più a misura d’uomo». Più facile a dirsi che a farsi?
Ianeselli ne è consapevole: «Non direi difficile a farsi, più che altro difficile da comprendere nell’immediato. Come tutti i cambiamenti, anche questo ha bisogno di tempo. Se decenni fa era impensabile pensare alle piazze del centro sgombre dalle auto in sosta ed ora sarebbe impensabile ripensarle come parcheggi a cielo aperto, lo stesso accadrà con le ciclabili e le biciclette».
Ianeselli replica anche a chi lo accusa di pensare a una città a misura di biciclette senza pensare a rendere tutti agevolmente ciclisti urbani: «Ci sono i parcheggi di attestamento, con navette ogni dieci minuti per le quali il Comune stesso investe molto, nell’affiancare Trentino trasporti.
Ci sono i ciclobox, sempre in prossimità dei parcheggi di attestamento e alcuni funzionano regolarmente a pieno regime. Si può sempre migliorare e fare sempre di più, ma di certo non si può dire che in città ci sono solo ciclabili e non si pensa ad agevolare la mobilità dolce».
Come incentivarla, tuttavia? Ianeselli porta l’esempio di sé stesso: «Si tratta di cambiare mentalità, abitudini. Io stesso, sempre per togliermi di dosso l’etichetta di estremista delle due ruote, per tanti anni in passato, come molti, mi muovevo in auto anche per tragitti brevi all’interno della città. Le abitudini le cambi quando ti rendi conto che qualcos’altro, oltre ad essere virtuoso sulla carta, è anche più comodo. Muoversi in bici in città vuol dire rinunciare alla ricerca di parcheggio, e il fatto che le ricerche dicano che il 50% del traffico urbano nelle città viene prodotto per affrontare distanze inferiori ai 3 chilometri deve far riflettere. Ripeto, non vogliamo costringere a rinunciare all’auto chi non lo può fare, ma fare il possibile perché chi può la utilizzi, assieme ai mezzi pubblici, per spostarsi in ambito urbano, è un obiettivo che dobbiamo perseguire, se vogliamo davvero dirci un’amministrazione che guarda al bene dei propri cittadini e al loro futuro».