A Mattarello c’è la dottoressa ma manca l’ambulatorio

La carenza di medici di base è cronica, ma nel sobborgo il problema è un altro e la situazione è paradossale

di Patrizia Todesco

TRENTO. Se da una parte si fa un gran parlare della carenza di medici di medicina generale, dall'altra emergono storie di chi sarebbe pronto a fare questo lavoro ma si trova impossibilitato per questioni logistiche e amministrative. È la situazione che sta vivendo la dottoressa Romelda Gjini, origini albanesi ma in Italia da quando aveva 18 anni.

Dopo essersi laureata e specializzata in Immunoematologia e Trasfusionale presso l'Università di Padova e aver prestato servizio per sette anni presso l'Ospedale Santa Chiara, la dottoressa ha deciso di iscriversi alla Scuola di Medicina Generale e il 5 settembre ha saputo di essere risultata idonea alla graduatoria aziendale per medico di medicina generale. Dal 2 dicembre avrebbe dovuto prendere servizio a Mattarello, ma per lei non si trova un ambulatorio.

«Lavorare come medico di medicina generale a Mattarello rappresentava per me non solo un traguardo professionale, ma anche un'opportunità per servire la comunità. Inoltre stavo sostituendo un medico in corso 3 Novembre e ho presentato le dimissioni da questo incarico proprio per iniziare nel nuovo ambulatorio che però non c'è».

La dottoressa spiega che, essendo l'ambulatorio che le era stato inizialmente assegnato in un edificio comunale, avevo ricevuto rassicurazioni proprio dal Comune sul fatto che lo spazio fosse idoneo e disponibile per l'uso condiviso con altri colleghi, questo grazie ad accordi già sottoscritti. «In realtà negli ultimi giorni tutto si è complicato e sto vivendo una vera e propria odissea. I colleghi che avrebbero dovuto condividere lo studio, infatti, hanno espresso ripensamenti per diverse ragioni: questioni di orario, divisione degli spazi o persino condivisione degli arredi. Di conseguenza, mi trovo in una situazione di grande incertezza, nonostante io abbia già comunicato ufficialmente all'Azienda l'apertura dello studio a partire dal 2 dicembre». Proprio l'Azienda sanitaria sta facendo pressioni sulla dottoressa per sapere gli orari che vorrà fare, ma senza sede per lei è difficile fornirli.

«Le informazioni fornite mi vengono continuamente modificate, causando un notevole disagio: prima mi è stato indicato uno studio, poi un altro, senza che nulla venga definito concretamente. Ho affrontato numerose telefonate, incontri, e inviato Pec per cercare di sbloccare questa situazione, ma senza risultati. Mi trovo quindi costretta a rendere pubblica questa vicenda, non solo per sollecitare una soluzione adeguata e urgente, ma anche per valutare un eventuale intervento legale, qualora fosse necessario. È per me motivo di profonda tristezza che un momento che doveva rappresentare un passo importante nella mia carriera e un beneficio per la comunità si stia trasformando in un incubo».

Nonostante le difficoltà, la dottoressa continua a sperare che si possa trovare una soluzione rapida e soddisfacente che le consenta di svolgere il suo lavoro con serenità e nel rispetto dei suoi pazienti.

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