Addio a Letrari, pioniere del vino Inventò Fojaneghe e Equipe5

di Tiziano Bianchi

È stato sepolto oggi pomeriggio nel cimitero di Borghetto all'Adige, al termine delle esequie celebrate nella chiesa del paese.

Era sempre stato un suo desiderio, quello di tornare a riposare per sempre all'ombra dei vigneti dei Campi Sarni, nell'estremo lembo meridionale della Val d'Adige trentina. Leonello Nelo Letrari, tradito domenica sera per l'ultima volta dal suo vecchio cuore malato, da quella terra se ne era andato ancora con i calzoni corti, all'indomani del secondo dopoguerra. Ma quella terra e il carico di valori e di fatica che la innervava non li aveva mai dimenticati.

Non glieli avevano fatti dimenticare né gli eleganti blazer a doppio petto né le vezzose camicie con le iniziali ricamante che indossava abitualmente, anche quando si destreggiava da maestro fra le pupitre della sua maison. Né glieli avevano fatti scordare, quei valori delle origini, i salotti esclusivi del Lions e le potenti poltrone dell'associazione industriali. Perché Leonello Letrari era un uomo fedele alla sua storia. Perché sapeva che un uomo, come un vino, senza storia non può avere un futuro che vada oltre la fragilità precaria del presente.

Leonello, per tutti il Nelo, quell'omone monumentale dagli occhi profondi e dallo sguardo rigoroso perché abituato a guardare lontano senza paura, quella terra sconosciuta di provincia, quel villaggio contadino da sempre preda delle piene dell'Adige, che da oggi lo abbraccerà per sempre, non li aveva mai dimenticati. Erano lì le sue origini, le sue radici coltivate in una narrazione costante durata 86 anni e declinata ogni volta, quotidianamente, nei suoi vini, che hanno sempre raccontato, pur con lo spirito della modernità e dell'innovazione, storie di identità e di territorio.

Da quel piccolo paese martoriato dal fiume, il Nello se ne era andato via giovanissimo, per scappare da una vita a piedi scalzi e dalla fame contadina, immaginando l'orizzonte di un riscatto. Il riscatto di una generazione scampata alla guerra e alla ricerca ottimistica di un futuro da costruire mattone su mattone. Vino dopo vino. Prima gli studi a San Michele all'Adige, poi i lunghi viaggi nei territori del vino d'Europa: la Francia, il Portogallo, la Spagna. Ma anche il Sud Africa e gli Stati Uniti. Non erano i viaggi perditempo di un globetrotter alla ventura. Erano viaggi di studio, per capire, per imparare. Per acquisire conoscenze da mettere in cantiere nel Trentino di allora, una terra che stava cercando la sua strada per crescere con le sue gambe e per mettersi al pari con il mondo.
Da quei viaggi nacque l'intuizione di uno dei primi vini bordolesi italiani: il Fojaneghe Rosso del Conte Bossi - Fedrigotti, presso cui lui, il giovane Letrari, aveva cominciato subito a lavorare. Un'intuizione formidabile che fece scuola in tutt'Italia, una sorta di Sassicaia alpino ante litteram, il cui segreto stava in una miscela indovinata di innovazione, qualità e marketing: «In quegli anni ? dichiarò in un intervista rilasciata al nostro quotidiano nel 2011 - il vino si vendeva a 150 lire, noi uscimmo con una bottiglia da 950 lire. Il Fojaneghe andò a ruba». Anche se fu bocciato dalla commissione di assaggio della Mostra dei Vini del Trentino ("Vino legnoso e resinoso, vino greco", fu l'incredibile verdetto), fu un successo che durò vent'anni e arrivò a sfiorare le 400 mila bottiglie. Nello stesso anno, nel 1961, Nello mise la su firma ? insieme ad altri quattro maestri genialoidi dell'enologia trentina come Bepi Andreaus, Riccardo Zanetti, Pietro Tura e Ferdinando "Mario" Tonon, scomparso giusto un anno fa - anche su un'altra bottiglia destinata a lasciare un segno indelebile: Equipe5. Un metodo classico che presto divenne un oggetto di culto del jet set internazionale. Erano gli anni in cui Ferrari tirava sì e no un milione di bottiglie; loro, i magnifici cinque del metodo classico, in poco tempo arrivarono mezzo milione ed Equipe5 divenne un'icona di massa della generazione sorridente del boom economico.

A metà degli anni Settanta, quando ormai sembrava già aver dato tutto, Nello il pioniere - con queste parole lo ha ricordato ieri pomeriggio al Mart durante l'assemblea di Assindustria l'amico di sempre Luigi Togn ? decise che era giunto il momento di declinare la sua esperienza e le sue competenze in una cantina che portasse il nome della sua famiglia. Un nuovo capitolo tutto suo e di Maria Vittoria, la donna e la compagna di una vita. Nacque la nuova cantina alle porte di Rovereto fra Borgo Sacco e la collina di Isera, affacciata sulle tenute e sui palazzi dei conti Bossi - Fedrigotti a cui aveva regalato le sue intuizioni di gioventù. E nacquero i suoi splendidi vini di territorio, il Ballistarius, bordolese alla trentina che raccoglie ancora la suggestione del vecchio Fojaneghe, l'uvaggio rosso Maso

Lodron, il Marzemino e poi ancora l'omaggio alla terra che lo vide sognare da bambino: l'Enantio.
Ma non era abbastanza. A Rovereto Nello continuò ancora a sognare e a sperimentare come un alchimista di impareggiabile maestria le formulazioni del metodo classico trentino: oggi prodotto in quasi in 100 mila bottiglie e in una decina di tipologie differenti.
Un'eredità complessa e gravida di valori, di idee, di sogni, di esperienza ma anche di suggestioni per il futuro, che da ieri è passata definitivamente di mano. Nelle mani di Lucia ( nella foto con il padre ) e di Paolo Emilio.

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