Rurale Alta Vallagarina: «Abbiamo messo il turno»
«Quest’anno abbiamo messo il turbo». La sintesi è del presidente della Cassa Rurale Alta Vallagarina Adriano Orsi, che qualche giorno prima dell’assemblea, in programma venerdì prossimo, illustra i dati di bilancio, assieme al direttore Michele Goller. Lo fa, consapevole di avere parametri molto buoni, rispetto al panorama delle Casse Rurali trentine, quindi rivendica che «non è dai piccoli, che arrivano i problemi più grossi», mentre sottolinea quei 300 mila euro e rotti assicurati al mondo dell’associazionismo.
E si lascia andare a qualche considerazione, tra fusione e nuovo orizzonte del credito, con la holding che dovrebbe vedere la luce. Ma se l’orizzonte ampio non lo spaventa, di sicuro non è uno che si dimentica che l’Alta Vallagarina è figlia del territorio. E per il territorio quindi annuncia l’istituzione di una Fondazione: «Se i soci saranno d’accordo, la faremo partire con un patrimonio di 400 mila euro».
Il bilancio, si diceva. Il Cda dell’Alta Vallagarina chiederà di essere rinnovato in toto fino a fine anno (per concludere la fusione) forte di 1,6 milioni di utile. «Non abbiamo avuto problemi sui crediti deteriorati - spiegano Orsi e Goller - qualche rettifica l’abbiamo fatta, ma poca cosa. Avevamo già fatto pulizia l’anno scorso. Questo ci permette di presentarci all’appuntamento con la fusione con le carte in regola e il bilancio a posto».
Quanto a posto, lo dicono i numeri: la cassa, forte di un patrimonio di 34 milioni (e un Cet 1 ratio di 18,28%, ampiamente oltre i limiti previsti dalla normativa), registra un aumento della raccolta (236 milioni, con un aumento del 3,06% dal 2016), anche se il segno più arriva dalla raccolta indiretta. Calano i prestiti, ma non a percentuali importati (131 milioni di prestiti alla clientela, - 2,08%) e aumenta seppur di poco il margine d’intermediazione, a quota 6.442.325. Sul fronte della sicurezza e della qualità del credito, infine, i livelli di copertura fanno dormire sonni tranquilli ai 2.408 soci: 64,82% per le sofferenze, 44,35% per le inadempienze probabili, 52,71% sul totale dei crediti deteriorati. Infine il fronte costi, con un taglio dell’8,5%, grazie a pensionamenti pesanti non sostituiti e alla chiusura della filiale di Volano 2. Una sforbiciata che continuerà: «Nel 2018 avvieremo dei prepensionamenti, attraverso il Foc - spiega Orsi - sia in vista della fusione, sia indipendentemente da quella».
Ecco, in questo contesto si ragiona di fusione con Rovereto e Lizzana. E in questo contesto la Rurale Alta Vallagarina rischia di essere il soggetto incorporante. «Noi non abbiamo bisogno di fare la fusione, qui non ce n’è la necessità - spiega Orsi - la facciamo per dare una banca alla città di Rovereto. Per noi è utile anche perché nella holding i piccoli non conteranno nulla e poi perché il rischio sarà, alla lunga, di essere circondati da rurali più grandi. Potremmo in futuro avere difficoltà a garantire l’attuale livello d’efficienza». I tempi sono chiari: se il progetto va in porto, l’assemblea straordinaria sarà entro dicembre.
In vista di questo, ma soprattutto in vista del nuovo gruppo, a Besenello sorgerà una fondazione: «Io credo che in tempi di rivoluzioni, porre un seme per il futuro è utile - spiega Orsi - e se tra 15 anni ci si accorgerà di aver sbagliato, attorno a quel seme potrà nascere qualcosa». Perché Orsi è uomo della cooperazione, e la rivoluzione delle Bcc rischia di mettere in discussione un sistema di valori, prima ancora che un assetto organizzativo: «Noi vogliamo rimanere una coop, l’aspetto della cooperazione dev’essere preservato». Ma la holding all’orizzonte sarà una Spa. Non è la stessa cosa.