L'addio ad Alessandro Pighetti La comunità al fianco della mamma
«Ciao bambino mio, resterai sempre nel mio cuore. Avrei voluto affrontare la vita con te, con te che mi tenevi l’indice stretto appena sei nato. La testimonianza d’affetto della comunità lenisce il mio dolore, ma mi manchi. Tu sei stato e sei il mio caleidoscopio».
È Renata Pighetti a sussurrare queste parole al microfono di fronte alla bara del suo unico figlio ieri pomeriggio nella chiesa di Folgaria. Accanto a lei c’è la giovane fidanzata di Alessandro, Jessica. Le sue lacrime non si contano, sono lacrime d’amore, di sofferenza, di rabbia per quello che poteva essere e non è stato. Le campane suonano a lutto. La chiesa dove si stanno per celebrare i funerali di Alessandro Pighetti, ucciso con un colpo di fucile dal marito di sua madre a soli 31 anni, è troppo piccola per contenere tutte le persone arrivate per prendere parte al rito. La comunità degli altipiani è tutta qui ed in silenzio si stringe attorno alla bara, accanto ad una madre che piange l’unico suo figlio.
«Questa comunità deve trovare consolazione», dice l’officiante della santa messa, don Giorgio Cavagna. Le sue parole riecheggiano in chiesa ma fuori è il silenzio che urla, che bussa, che scuote, che fa riflettere. Ci sono moltissimi giovani arrivati da ogni angolo dell’altopiano che si danno la mano, si cercano, stanno vicino e si sorreggono l’un l’altro. Molti hanno le lacrime agli occhi, in altri leggi la rabbia per una morte assurda. La tragedia di venerdì sera ha lasciato il segno in questa comunità. «In fondo al tunnel c’è la luce: Alessandro è andato nella dimora di Dio, dove regnano pace e serenità», cerca di rassicurare il sacerdote. Ma non è facile attingere alla fede oggi. Sulla bara è appoggiata una maglietta con la quale i compagni di Alessandro, quelli della sua squadra di hockey, hanno voluto far sentire la loro vicinanza.
«Era l’ultimo a lasciare il campo, dava il cento per cento, era il migliore con i pattini», racconta un giocatore. Gli amici intimi ci sono tutti, si stringono e cercano negli sguardi appigli per non cadere. La comunità è rappresentata dalle sue massime autorità, è stato proclamato il lutto cittadino in segno di solidarietà e di vicinanza. «Non per per giudicare, ma per riflettere», commenta il commissario del Comune di Folgaria, Marco Viola. Un lunghissimo applauso saluta la partenza dell’auto funebre (il corpo sarà cremato), un applauso che raccoglie il sentimento di decine e decine di persone: gli anziani, i vigili del fuoco, gli amici del calcio.
«La vita è un libro, non sappiamo mai quando finisce una pagina, un capitolo, dobbiamo fidarci di Dio, della fede», ripete don Giorgio. Alla celebrazione hanno partecipato anche i carabinieri e i volontari della Croce rossa degli altipiani, accorsi l’altra sera in via Maffei di fronte alla casa dove sono stati trovati due cadaveri. L’altro era quello di chi ha ucciso il giovane Alessandro, il sessantenne Massimo Toller che con la stessa arma si è tolto la vita. Chi si avvicina alla bara per l’ultimo saluto piange, mamma Renata è lì in piedi, forte come solo le donne sanno essere. Saluta Alessandro e piange lacrime di tenerezza e amore.