Caccia, cibo sparso per richiamare gli ungulati: nuove segnalazioni
Un lettore ci scrive dalla zona di Fornace/Civezzano per una segnalazione, anche fotografica, riguardante un possibile uso difforme dalla normativa di postazioni di caccia e mangiatoie per ungulati.
La questione era già rimbalzata rimbalzata anche in consiglio provinciale, l'anno scorso: mangiatoie troppo vicine a capanni e altane di caccia, con il risultato di essere non un accesso al cibo consentito solo nei periodi freddi e di scarsità in natura (dal 15 novembre al 30 aprile) ma un richiamo per facilitare gli abbattimenti.
Un metodo che troppi cacciatori utilizzano abituando caprioli e cervi a frequentare luoghi precisi dove viene depositato cibo fin dall'estate, osservava tempo fa il consigliere provinciale Filippo Degasperi in una interrogazione che denunciava anche l'utilizzo diffuso di foraggio non consentito dalle norme vigenti.
A supporto della sua denuncia, in proposito, l'esponente Cinque stelle aveva allegato anche una documentazione fotografica, relativa in particolare a zone della Valsugana e dei dintorni di Cadine e Sopramonte, cui alcuni lettori dell'Adige hanno aggiunto nelle settimane successive altre immagini scattate nei boschi, in particolare in Alta Valsugana (Pergine, Fornace e colline di Civezzano), dove si notano anche costruzioni artificiali atte chiaramente al richiamo di ungulati ma in qualche caso anche di volatili.[[{"type":"media","view_mode":"media_preview","fid":"1625551","attributes":{"alt":"","class":"media-image","height":"180","style":"float: right;","width":"180"}}]]
La nuova documentazione fotografica, pervenutaci oggi - 19 settembre 2017 - immortala in particolare mele, pane e sale messi sul prato, nel mezzo di una radura, a poche decine di metri da una postazione di caccia: qui siamo vicino alla frazione Penedallo di Civezzano, spiega il lettore, che ha inviato immagini anche di un punto venatorio nel pressi di Fornace.
In passato altre segnalazioni erano giunte all'Adige da escursionisti che frequentano la zona del lago di Santa Colomba, dove biotopi protetti convivono con aree di caccia particolarmente attrezzate.
Proprio l'infrastrutturazione del territorio a scopo venatorio è uno dei punti sui quali si è soffermato più volte il consigliere Degasperi, mostrando le foto di postazioni più simili a una casetta nel bosco che a una capanna.
Segnalando alla redazione le cose che notano nei boschi trentini, come l'utilizzo smodato di mele per richiamare gli ungulati, la presenza di altane e capanni di caccia a ridosso di strade forestali o segnavia Sat anche molto frequentati da escursionisti, i lettori sottolineano la difficoltà a conoscere e spesso anche a interpretare la normativa vigente, compresa quella a tutela delle altre persone che frequentano il territorio dove si trovano anche i cacciatori.
A quanto pare, infatti, non esistono limiti in relazione alla distanza delle postazioni venatorie da strade forestali o sentieri, resta la il divieto di sparare a una distanza superiore a una volta e mezzo la gittata in direzione di edifici e vie di comunicazione. Ma che cosa rientra nella definizione di «vie di comunicazione»? Di certo ci sono i cinquanta metri di distanza dalle strade carrozzabili. Così come i due giorni di silenzio venatorio: il martedì e il venerdì.
L'impressione, in sostanza, è che vi sia un deficit di informazione pubblica e che le norme e i relativi regolamenti non siano così semplici da comprendere.
Per tornare al consigliere Cinque stelle, si ricorda che denunciava i passi indietro nelle politiche venatorie provinciali (con gravi arretramenti normativi) e l'inadeguatezza dell'attuale sistema di vigilanza, affidato prevalentemente alla stessa Associazione cacciatori trentini mediante una convenzione con la Provincia, un rapporto del quale Degasperi chiedeva la revoca per l'avvio di un sistema diverso di controlli sull'attività venatoria.
Da tempo, peraltro, pure dal mondo ambientalista trentino si levano, inascoltate, critiche all'indirizzo della Provincia in riferimento anche alla gestione della fauna selvatica, nel mirino, oltre alla menzionata convenzione che fa del controllato anche il controllore, ci sono i censimenti della presenza di animali - sempre a cura degli stessi cacciatori - sulla base dei quali vengoni stilati i piani di abbattimento stagionali nelle varie riserve, nonché l'opportunità che anche ai vertici massimi del servizio provinciale foreste e fauna siedano proprio dei cacciatori.
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