Berlusconi, condanna confermata. Interdizione da rideterminare
Il pm di Milano Ferdinando Pomarici ha firmato l'ordine di esecuzione con sospensione della pena perSilvio Berlusconi, condannato giovedì in via definitiva a 4 anni di reclusione per il caso Mediaset. Da quanto si apprende, il Cavaliere dovrebbe usufruire di tutto il tempo utile, che scade il prossimo 15 ottobre, per decidere se avanzare o meno richiesta di misure alternative e, nel caso, se scegliere l'affidamento in prova ai sevizi sociali o i domiciliari.Intanto, però, già mercoledì prossimo la giunta del Senato si riunirà per iniziare a discutere della decadenza di Berlusconi dalla carica di senatore, passaggio delicato anche per la tenuta della maggioranza di governo. Il presidente del Senato Piero Grasso ha già trasmesso l'estratto esecutivo della sentenza al presidente della giunta delle immunità Dario Stefano. Oggi alle 18 riunione dei parlamentari del Pdl col leader.
Confermata dalla Cassazione - con sette ore di camera di consiglio che rischiano di cambiare la vita politica del Paese - la condanna a quattro anni di reclusione per frode fiscale nei confronti dell'ex premier Silvio Berlusconi, che dai giudici ha ottenuto un unico punto a favore: la disposizione, impartita alla Corte di Appello di Milano, di ricalcolare la pena accessoria della interdizione per cinque anni dai pubblici uffici che potrebbe diminuire da un massimo di tre anni fino a un minimo di dodici mesi.
La Corte di Cassazione ha rigettato anche i ricorsi di Daniele Lorenzano, Gabriella Galetto e Frank Agrama, coimputati di Berlusconi. Agrama, il produttore statunitense ritenuto socio occulto di Berlusconi, ha una condanna a 3 anni di reclusione (condonati), mentre gli ex manager Daniele Lorenzano e Gabriella Galetto hanno riportato condanne a 3 anni e 8 mesi e ad 1 anno e 2 mesi. Tutti gli imputati sono stati condannati poi al pagamento delle spese processuali
A un videomessaggio, con il volto teso a tratti vicino alle lacrime, il Cav ha affidato la sua reazione - nella quale non ha parlato di staccare la spina al governo ma ha lasciato trapelare il desiderio di riprendere il potere - tacciando la sentenza di fondarsi «sul nulla assoluto che mi toglie la mia libertà personale e i miei diritti politici», e i magistrati di essere «una variabile incontrollabile e incontrollata».
I legali del Cav Franco Coppi e Niccolò Ghedini, forse presagendo l'insuccesso, non si sono nemmeno affacciati al Palazzaccio per la lettura del dispositivo e sono rimasti a Palazzo Grazioli insieme a Berlusconi. Probabilmente a decidere se scegliere la strada degli arresti domiciliari per quell'anno non coperto dall'indulto (che ha già cancellato tre anni di reclusione); o quella dell'affidamento ai servizi sociali che consentirebbe a Berlusconi più libertà di movimento.
Ma le nuvole nere sul destino del leader del Pdl non sono finite perché, tra gli effetti del ddl anticorruzione, da poco approvato, ci sono anche l'incandidabilità e la decadenza dal Senato per chi riporta condanne anche fino a soli due anni. Tuttavia, questi sono tutti scenari aperti perché - rilevano fonti dei supremi giudici, quasi a frenare il «de profundis» sulle sorti del Cav - sulle nuove norme «non c'è alcun indirizzo consolidato e non è certa la loro applicazione in presenza di pena condonata anche solo in parte».
Dopo un iniziale «no comment», in serata Coppi, Ghedini e Piero Longo hanno detto di essere «sgomenti» perchéè «c'erano solidissime ragioni ed argomenti giuridici per pervenire ad una piena assoluzione: valuteremo e perseguiremo ogni iniziativa utile anche nelle sedi europee per far sì che questa ingiusta sentenza sia radicalmente riformata». Da Milano, il procuratore Edmondo Bruti Liberati non ha commentato la decisione dei giudici supremi ma ha sottolineato che «la pena principale è definitiva ed eseguibile».
In Cassazione, più di settanta giornalisti e operatori hanno aspettato il verdetto, oltre a una ventina di avvocati e curiosi. La lettura in diretta televisiva del verdetto fatta dal presidente Antonio Esposito è stata trasmessa dalle tv di tutto il mondo, dal Giappone all'Arabia Saudita. Imponente il dispositivo di sicurezza nella capitale dove le forze dell'ordine hanno blindato i palazzi romani chiamando anche uomini di rinforzo da altre regioni. Ma non c'è stato nessun problema per la sicurezza, il passaggio in giudicato di Mediaset non ha scatenato reazioni di piazza. Solo qualche banana spiaccicata davanti all'ingresso della Cassazione e qualche cartello di uno sparuto drappello del «popolo viola».
Le tensioni più forti agitano già invece i due principali partiti di governo, Pdl e Pd: nonostante i richiami di Napolitano e Letta a perseguire il bene del Paese, infatti, sarà quello politico il fronte dove nei prossimi giorni di misurerà la tenuta del governo di fronte alla prima, pesante, sentenza definitiva di condanna per il leader del Pdl protagonista - nel bene come nel male -di vent'anni della storia italiana.