Pdl: «Dimissioni di massa se Berlusconi decadesse»

Dimissioni di massa. Questa l'ipotesi ventilata ieri tra i parlamentari del Pdl nel caso in cui la Giunta del Senato, il 4 ottobre, dovesse decretare la decadenza di Silvio Berlusconi dalla carica di senatore. Il Cav, adirato e preoccupato per le conseguenze della condanna Mediaset e le altre vicende giudiziarie, rimette dunque nel mirino Colle e Governo, minacciando l'Aventino. Minaccia che viene bollata dal segretario del Pd Guglielmo Epifani come l'ennesimo gesto di irresponsabilità e che il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Enrico Franceschini, giudica come «pressioni a vuoto»

Dimissioni di massa. Questa l'ipotesi ventilata ieri tra i parlamentari del Pdl nel caso in cui la Giunta del Senato, il 4 ottobre, dovesse decretare la decadenza di Silvio Berlusconi dalla carica di senatore. Il Cav, adirato e preoccupato per le conseguenze della condanna Mediaset e le altre vicende giudiziarie, rimette dunque nel mirino Colle e Governo, minacciando l'Aventino. Minaccia che viene bollata dal segretario del Pd Guglielmo Epifani come l'ennesimo gesto di irresponsabilità e che il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Enrico Franceschini, giudica come «pressioni a vuoto».
«È in atto un colpo di Stato», ha detto Silvio Berlusconi ai big del Pdl riuniti a pranzo in una sorta di gabinetto di guerra, ribadendo che per lui la situazione è ormai insostenibile. E mettendo in chiaro qualche ora dopo, ai parlamentari riuniti in assemblea, l'intenzione di non farsi da parte. Che il clima fosse pessimo lo si intuiva già martedì quando Angelino Alfano si era recato a palazzo Grazioli (dove Berlusconi ha spostato la propria residenza) dopo l'incontro con il Capo dello Stato, il cui esito non era quello sperato dall'ex premier.  Ecco dunque la decisione di passare al contrattacco con una «mossa» decisa a tavolino con lo stato maggiore del partito: dimissioni di massa di tutti i parlamentati pidiellini dal 4 ottobre. È la seconda volta che il partito le minaccia, la precedente risale al 2 agosto, giorno successivo alla sentenza della Cassazione sul processo Mediaset.
Insomma, un nuovo ultimatum, mitigato però in tarda serata dalle parole di Renato Brunetta: «Non sono mai state ventilate ipotesi di dimissioni di massa. Abbiamo invitato ciascun parlamentare a riflettere e a decidere secondo coscienza in caso di decadenza». «Abbiamo rimesso il nostro mandato nella mani di Berlusconi come gesto di stima e di affetto nei suoi confronti, anche in politica i gesti simbolici hanno la loro importanza», ha aggiunto però il senatore Roberto Formigoni.
Ma l'effetto non cambia: l'obiettivo è quello di tentare il pressing finale prima della decadenza del Cavaliere che entro metà ottobre dovrà anche scegliere come scontare la pena, se agli arresti domiciliari o ai servizi sociali. La decisione di bloccare i lavori del Parlamento con dimissioni in massa a cui si unirebbe anche la Lega (ieri ci sarebbero stati contatti in tal senso tra il Carroccio e i pidiellini) è ovviamente un messaggio che il Cavaliere manda al governo presieduto da Enrico Letta ma soprattutto a Giorgio Napolitano, che ieri sera - tra una conferma e una smentita dell'ipotesi Aventino - si è riservato di verificare «con esattezza» quali siano state le conclusioni dell'assemblea dei parlamentari Pdl.
Netta la reazione del segretario del Pd Guglielmo Epifani: «Le decisioni e i toni incredibili usati oggi dal Pdl sono l'ennesima prova di irresponsabilità nei confronti del Paese. Il Pdl pensa a sfasciare tutto, a rendere instabile l'azione del governo volta a risolvere i problemi degli italiani». Gennaio Migliore, presidente dei deputati di Sel, ha parlato di «istituzioni umiliate dalle continue minacce volte a tenere sotto scacco il Parlamento e il Paese, per interessi di parte». Mentre  Giuliano Cazzola di Scelta civica giudica l'ipotesi dimissioni come «un'azione da avventuriero» da parte di Silvio Berlusconi, chi fa spallucce è M5S: «Si vogliono dimettere? Nessun problema. Entreranno in carica alla Camera ed al Senato i primi dei non eletti nelle liste Pdl. Finalmente un po' di ricambio!».

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