Morta per aborto: medici indagati Scontro fra l'ospedale e i genitori
Dodici medici presenti in reparto e tutti indagati
Dodici medici presenti in reparto e tutti indagati. È la decisione della Procura di Catania sull’inchiesta per la morte di Valentina Milluzzo (nella foto da Fb insieme al marito Francesco Castro), la 32enne alla 19/ma settimana di gravidanza deceduta il 16 ottobre scorso dopo avere perso, con altrettanti aborti, i due gemelli che aspettava in seguito alla fecondazione assistita. Il reato ipotizzato è concorso in omicidio colposo plurimo.
Un atto dovuto, sottolinea il procuratore Carmelo Zuccaro, per fare eseguire l’autopsia come incidente probatorio. E non perchè tutti e 12 i medici siano obiettori di coscienza: quello, spiegano in Procura, è un falso problema.
L’attenzione dei magistrati, invece, è concentrata sulla verifica, attraverso la cartella clinica, dei protocolli d’intervento e assistenza prestata alla paziente, oltre che ai controlli ai quali è stata sottoposta durante il ricovero e in particolare durante la crisi che ha preceduto il decesso. Maggiori particolari arriveranno dall’autopsia che sarà disposta nei prossimi giorni.
Nella denuncia agli atti dell’inchiesta, presentata dall’avvocato Salvatore Catania Milluzzo, si riporta, tra l’altro, che quando la donna il 15 ottobre scorso entra in crisi «dai controlli emerge che uno dei feti respira male e che bisognerebbe intervenire, ma il medico di turno si sarebbe rifiutato perchè obiettore: "fino a che è vivo io non intervengo", avrebbe detto loro».
La stessa cosa avrebbe ripetuto, secondo l’esposto, per il secondo feto.
Una ricostruzione ribadita dal padre della donna, Salvatore Milluzzo, nello studio del suo legale: «il medico ci ha detto "finchè il cuoricino batte io non posso fare alcunché per procedere, sono obiettore di coscienza"».
Ma che contrasta nettamente con quella fatta dal primario del reparto, Paolo Scollo, che col suo vice Emilio Lomeo, non è tra gli indagati perchè assente dal reparto. «I fatti dimostrano il contrario - sostiene - il medico, dopo il primo aborto, che è stato spontaneo, ha indotto il secondo con l’ossitocina, quindi non c’è proprio la base per parlare di obiezione di coscienza. Ha fatto quello che andava fatto secondo riconosciuti protocolli medici internazionali».
Tesi che i familiari della donna disconoscono: «Mia figlia urlava in maniera terribile - ricostruisce ancora il padre - abbiamo detto al medico di non farla più soffrire, ma per loro erano i dolori di una colica renale o del parto. Per sei ore è rimasta senza assistenza».
Adesso il padre chiede «giustizia per Valentina», ma «senza puntare il dito contro alcuno». «L’importante - sottolinea - è che altre donne non muoiano di parto, che altre famiglie non debbano sopportare il dolore che proviamo noi».
E i dodici medici in servizio tutti obiettori? Per Scollo il fatto «non ha alcuna rilevanza né col caso né col servizio reso a chi vuole fare ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza, come dimostra - rileva - l’assenza di liste di attesa per l’aborto volontario».
«Non ci risulta assolutamente che il medico si sia dichiarato obiettore di coscienza con i familiari di Valentina Milluzzo.
Perché loro hanno detto così? Dovete chiederlo a loro», commenta il direttore generale del Cannizzaro, Angelo Pellicanò, confermando che «l’azienda sul caso ha aperto un’inchiesta interna».
Lo ha fatto anche il ministro della Salute, che ha avviato una task-force che domani sarà al Cannizzaro: «Voglio avere elementi puntuali già domani: a noi - ha spiegato - sta accertare che l’ospedale abbia rispettato tutte le procedure previste nel migliore dei modi».
Per Scollo la morte potrebbe essere sopraggiunta «per un’emorragia procurata da una setticemia».
E non sarebbe stato possibile procedere chirurgicamente perché «un’isterectomia avrebbe provocato la morte per emorragia della donna».