Di chi era quella vita sospesa?

di Paolo Ghezzi - NO

Mentrenell'Italia impantanata, tenebrosa e confusa la politica e leistituzioni si scannano sgangheratamente sul corpo moribondo e moriturodi una donna, detto che le sentenze e le sofferenze vanno rispettate enon strumentalizzate, e che la legalizzazione dell'eutanasia sarà unpassaggio  inevitabile nella ristrutturazione utilitaristica dellasocietà contemporanea, rimane una domanda semplice ma inquietante,forse sconvolgente: ma di chi è Eluana? E di conseguenza: a chiappartengono la sua vita e la sua morte?
Mentre molti sbandierano certezze e pronunciano anatemi incrociati esolenni (in nome della fede, in nome della legge, in nome dellalibertà, in nome dello Stato, in nome della Chiesa, in nome del liberopensiero), a qualcuno di noi sembra doveroso l'esercizio del dubbio.
Eluana è di Berlusconi che blatera di omicidio e progetta il golpe bianco?
Eluana è del presidente Napolitano?
Eluana è dei giudici che decidono su di lei?
Eluana è dei cardinali di Santa Romana Chiesa, dal volto affilato e impietoso quando implorano pietà? 
Eluana è dei giornalisti che scrivono di Eluana invocando il silenzio su Eluana?
Eluana è di sua madre e di suo padre, che per amore la vogliono liberare dalle catene del suo corpo?
Curiosamente,gli intellettuali e i politici progressisti, critici delle gabbiefamilistiche e paladini della libertà individuale, non hanno probleminel rispondere "sì" all'ultima domanda, e dunque nell'attribuire allafamiglia - e ai giudici che, in assenza di una legge ad hoc, registranoe legittimano la volontà dei genitori - il potere di vita o di morte suuna donna che non può esprimere la propria volontà. In nome dell'amore?Conoscete forse qualcosa di più ambiguo dell'amore?
E il signor Englaro invita Napolitano e Berlusconi ad "andare a vedere".
Ma perché? E che cosa? Il fantasma di una donna? Una candela spenta? Una quasi morta?
Domandecorrelate: avete mai visto gli ospiti del Cottolengo a Torino? o, perandare meno lontano, quelli degli istituti di Cognola o Lenzima?
Non diremmo anche di loro, handicappati gravissimi non autosufficientie quasi sempre non comunicanti, che sono vite non degne di esserevissute? Ma qual è il limite minimo di dignità, al di sotto del qualela vita non è più meritevole di tutela? Perché Eluana si può lasciareandare e quei corpi inchiodati e muti, no? Perché non dare anche ailoro padri o madri la facoltà di scelta? E non sarebbe pietoso aiutarea morire i vecchi devastati dalla malattia di Alzheimer, vite non piùdegne del nome di vita, persone quasi irriconoscibili anche ai propricari? Perché non dare ai figli la facoltà di lasciarli andare, peramore e per disperazione?
O dovrebbe essere lo Stato a decidere? Il governo nazionalsocialistatedesco, negli anni Quaranta del secolo scorso, si decise, eccome.Tracciò la distinzione tra Meschen e Untermenschen (sì, sotto-uomini) ecominciò coerentemente a realizzare un programma di eutanasia deimalati psichici che si arrestò solo per le energiche proteste delvescovo di Münster, von Galen, e di altri ecclesiastici.
Chi può decidere per le vite paralizzate e ammutolite? Per gliuomini-piante, come qualcuno li definisce pensando d'esser pietoso?
Siamo sicuri che Eluana sia di suo padre?
Lamamma di Simone di Rovereto, che da più di tre anni è nel limbo comeEluana, ha scritto un bel libro che spiega bene come Simone sia ancoraun ragazzo, non un ficus o un'aspidistra bisognosi solo di acqua e diluce. Di come Simone dorme e si sveglia, di come si rilassa con lamusica e di come apprezza le carezze: anche se è quasi immobile, anchese è muto, c'è. Vive.
Simone è di sua mamma? Di Gloria?
Nonappartiene anche ai quasi 300 "amici" dell'associazione che ha preso ilsuo nome? Non è anche di coloro che - retribuiti o volontari - siprendono cura di lui 24 ore su 24, 365 giorni l'anno?
La legge di uno Stato civile - la religione non c'entra nulla! -dovrebbe aiutare Eluana e gli altri pietosamente a morire o dovrebbetutelare la vita delle persone totalmente indifese e la faticaamorevole di chi le cura?
Quante domande difficili.
Ancora un paio.
Welbyparla e chiede di essere aiutato a morire. Una forma di suicidioassistito che può essere discutibile ma è comunque una volontà espressasul bene della propria vita, indisponibile per chiunque tranne che perse stessi. Ma che ne sappiamo di coloro che sopravvivono muti eimmobili? Se anche avessero fatto, dieci anni prima, un testamentobiologico con scritto "Lasciatemi andare, se mi capiterà, io vogliovivere e non vegetare", che ne sappiamo di loro adesso? E se da qualcheangolo del loro cervello riaffiorassero frammenti di canzoni - "Standby me", "Resta con me", "Won't you stay just a little bit longer?" -per chiedere ai volti che hanno loro intorno di non essere lasciatisoli, di non essere consegnati al buio? Se si accontentassero disopravvivere come candele fioche, ma in compagnia delle nostre voci edei nostri sguardi, piuttosto che essere spenti e affidati alsilenzio?  
Interrogativi irritanti, per i dispensatori di certezze e per ipaladini dei diritti. Ma è un dovere di coscienza riproporli, quegliinterrogativi, prima che si spengano le parole e gli slogan e le lucisu Eluana, prima che lei attraversi il buio per approdare forse a unposto col sole, e niente più cannule, dove qualcuno l'aspetta. Eluana ègià morta anche se respira? Eluana non è più Eluana? Una non-personacon un solo diritto residuo: morire? Ma di chi è Eluana? A chiappartiene la sua debole, tenacissima, indifesa esistenza? Siamo sicuriche spetti a un padre e a un giudice, decidere?
Di chi è Eluana? Di chi è la sua vita sospesa?
O meglio, ormai: di chi era Eluana? A chi apparteneva? Chi parlava per lei?

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