Esami di riparazione: serve un vero confronto
Esami di riparazione: serve un vero confronto
Nelle scuole superiori in Trentino torna la discussione sul sistema di valutazione che prevede la promozione con carenze sanabili a settembre o l’anno successivo. Se un ragazzo decide di autoesonerarsi da una disciplina potrebbe anno dopo anno avere insufficienze non recuperate e arrivare comunque alla fine del percorso con valutazioni mediocri ma indenne da bocciaure.
In realtà spesso il disimpegno è a raggio più vasto e le conseguenze finiscono per esserci con la bocciatura su tutta la linea. E si potrebbe anche considerare che se i ragazzi falliscono sistematicamente in una materia il docente in questione qualche domanda dovrebbe farsela.
I dati del Ministero del maggio 2019 comunque ci dicono che in Trentino i bocciati nel 2017 sono il 7,9 e in media in Italia 8,8 (La comparazione fra i dati trentini e le altre regioni va sempre fatta con prudenza: gli iscritti alla formazione professionale del Trentino nel resto d’Italia confluiscono in buona parte nei professionali, all’interno del sistema di istruzione). Siamo comunque sostanzialmente allineati. Dal punto di vista dei risultati complessivi i dati Invalsi ci dicono che il sistema trentino ottiene ancora invidiabili risultati. Siccome però l’erba del vicino è sempre più verde si guarda con interesse al sistema di valutazione nazionale che prevede gli esami di riparazione.
Il mito degli esami di riparazione.
Sugli esami di riparazione non c’è bisogno di favoleggiare: abbiamo un enorme campione da osservare e da studiare, costituito da tutte le scuole italiane, salvo il Trentino. Dal 2007 gli esami di riparazione sono stati reintrodotti ad opera del governo Prodi (ministro allora era Fioroni) e a disposizione di tutti ci sono i dati su promozioni e bocciature fornite dall’Istat e dal Miur.
A livello nazionale il 21% degli studenti hanno quest’anno una “sospensione del giudizio” (in termini più familiari: rimandati). Quindi un ragazzo su 5 deve affrontare l’esame ulteriore in una o più materie per ottenere la promozione. Nell’anno scorso la bocciatura fra i rimandati non arrivava al 7 per cento. Quindi 9,3 alunni su 10 anche se rimandati vengono poi promossi. Non si tratta per lo più di faciloneria da parte degli insegnanti ma di responsabilità educativa: far ripetere per un anno 10 materie in cui si avevano dati risultati accettabili per rifarne una in cui si era stati insufficienti spesso è considerato ingiusto o pedagogicamente controproduttivo.
Certamente essere rimandati è punitivo (per i ragazzi e ancor più per le famiglie...), può essere un deterrente e richiamare al dovere di non tralasciare alcune discipline.
Se si volesse, sbagliando, identificare una scuola seria con una scuola che boccia di più, con gli esami di riparazione comunque le percentuali italiane sono sostanzialmente le stesse che abbiamo in Trentino.
Come si svolgono gli esami di riparazione.
Le norme nazionali prescrivono in linea di massima gli esami prima del 1° settembre, e comunque entro l’inizio delle lezioni. La norma è ragionevole: lo studente rimandato viene scrutinato dallo stesso consiglio di classe che ne ha decretato la non ammissione all’anno successivo. Con il primo settembre infatti si rinnova, spesso ampiamente, il gruppo dei docenti della scuola. Nei casi in cui l’esame si tiene a settembre molti alunni vengono esaminati da insegnanti che non hanno lavorato con loro: è chiaro che non conoscendoli non possono valutare l’eventuale incremento degli apprendimenti e l’esame finisce per essere un pro forma. In alcune scuole gli esami si tengono a fine luglio, dopo un corso che impegna i ragazzi (e i loro professori) per circa un mese, a partire dalla fine della scuola. In altri casi si tengono a partire da circa il 20 agosto, avendo svolto comunque i corsi di recupero a giugno-luglio. I tanti insegnanti che terminano il loro incarico con la fine delle lezioni poi possono essere obbligati a svolgere gli esami quando il loro contratto è scaduto? Come si inserisce il mese di vacanza contruattualmente previsto se un insegnante lavora fino a fine luglio a fare i corsi di recupero e poi ancora nella seconda metà di agosto a fare gli esami? Sono aspetti su cui ragionare.
Esame o sanatoria?
Abbiamo visto che solo sette ragazzi su cento rimandati vengono poi bocciati. Gli altri 93 avevano fatto il miracolo di recuperare durante due mesi estivi quello che non avevano fatto in tutto l’anno scolastico? Evidentemente no: gli insegnanti alla fine per lo più non se la sentono di decretare la bocciatura per una materia o due e la sufficienza che viene data copre situazioni spesso non certo soddisfacienti. Però il conto si chiude lì: a tutti gli effetti la promozione c’è stata e il 6 regalato vale esattamente (nel proseguimento, per i crediti finali per l’esame di stato) come quello faticosamente guadagnato dai promossi a giugno. Viceversa nel sistema trentino l’anno successivo dovrebbe essere tutto in salita verso un recupero delle carenze che si protrae fino a giugno successivo e lascia un seppur debole segno nella assegnazione dei crediti.
Quando la scuola trentina faceva scuola.
In una interessante intervista la neo nominata Sovrintendente alla scuola trentina preannunciava l’apertura di una discussione sul tema degli esami di riparazione, prospettando possibili terze soluzioni. Mi sembra la cosa più intelligente da fare. Quando il Trentino faceva scuola sulla scuola, a partire dagli anni Novanta, era su questo territorio che si elaboravano e si sperimentavano le più avanzate innovazioni sul fronte della istruzione e della formazione (Basta pesare alla autovalutazione delle scuole, sperimentata dal Trentino, copiata da Roma, e reintrodotta copiandola da Roma in Trentino…).
Oggi si discute di smontare la classe incardinata sull’età per costituire fasce di competenze. Di riarticolare i percorsi in modo differenziato così che un ragazzo possa approfondire alcune discipline a livello più avanzato e altre a livello più standard, valorizzando così anche la valenza orientativa dello studio. Si prospettano percorsi in cui la scuola non debba decretare solo un sì o un no ai risultati dei ragazzi ma moduli i tempi degli apprendimenti differenziandoli.
Molto di questo si potrebbe fare sostanzialmente a legislazione invariata, sfruttando i presupposti e le potenzialità mai dispiegate pienamente della autonomia scolastica. Ma bisogna evitare compiacimenti nostalgici e stare ai fatti, la scuola si misura sui risultati. Compito precipuo del Comitato di valutazione del sistema scolastico provinciale sarebbe di mettere a disposizione di una ampia discussione strumentazioni esperte di analisi e di ricerca. Non so se attualmente sia in scadenza o sia stato rinnovato. Certamente oltre alla voce di insegnanti, studenti e famiglie sarà opportuna una valutazione autorevole della efficacia o meno del sistema attuale e una analisi comparativa dei diversi sistemi alternativi.