Malati o guariti per legge
Malati o guaritiper legge
Ci siamo ammalati per legge. E ora siamo guariti per legge. Dal terrore alla serenità in pochi giorni. Un po’ per scienza e conoscenza.
Molto per emozione e per scelta politica. Parecchio, soprattutto, per il desiderio - condiviso, ma con poche basi sanitarie - di tornare alla normalità. L’Italia è così. Decisioni drastiche. Poi maglie larghe e giravolte. Alcune dichiarazioni dei politici, ineguagliabili capriole di parole, sarebbero persino esilaranti, se l’argomento non fosse serissimo.
Del resto, siamo il Paese delle contraddizioni. All’articolo 5, la Costituzione dice che la Repubblica è «una e indivisibile». Ma è vero l’opposto: ogni occasione è buona per vedere quanto siamo divisi.
Montecchi e Capuleti. Non c’è mai un’unica linea, uno scienziato che la pensi come un altro, una istituzione che ne rispetti un’altra. E così non c’è una linea comune. Linea che sarebbe utile non solo al Paese, ma anche a chi ci guarda da fuori, considerandoci portatori dell’incubo - sanitario, sociale ed economico - di questo 2020: il coronavirus. Il governo ha una linea? Le Regioni ne hanno un’altra. Da fuori, sceneggiate e cadute di tono a parte (vedi Fontana e Zaia), si può capire che chi ha all’interno del proprio territorio una zona rossa non possa comportarsi come chi la zona rossa non la vede nemmeno da lontano.
Però ci sono dei momenti nei quali andare tutti insieme in un’unica direzione non è solo utile, ma anche necessario. Di solito, di fronte a una crisi l’Italia dà il meglio di sé. Questa volta, non è andata così.
E qualcuno ora si diverte a incolpare in modo generico il mondo dell’informazione. Colpevole d’aver raccontato decisioni e indecisioni, fughe in avanti e marce indietro.
Noi, al solito, abbiamo cercato di raccontare la realtà. Senza enfatizzarla. Senza cavalcare l’allarmismo. Ma anche senza sminuire il pericolo reale. Che è e resta quello di ospedali che ovviamente non possono accogliere contemporaneamente migliaia di italiani con una crisi respiratoria. Prevenire la diffusione del contagio è stata dunque la scelta giusta, anche se ha indotto molti a pensare - come ho già avuto modo di dire - che quasi non vi sia differenza (invece ce n’è e tantissima) fra il contagio e la morte. C’è anche chi, per tranquillizzarci, continua a dirci che a morire sono prevalentemente le persone anziane già alla prese con diverse patologie. Peccato che l’Italia - e la nostra terra non è certo diversa - sia la terra dai capelli bianchi. Le parole - anche quando sono dannatamente vere - vanno dunque sempre maneggiate con cura.
La Provincia s’è mossa bene. Ha tenuto le regia e non s’è fratta travolgere dallo zelo dei “vicini di casa”. Certo, è bizzarro passare dal tutto chiuso al tutto aperto senza un apparente perché. Ma ricominciare a vivere farà bene a tutti.