Sanità, si fanno troppi esami, tagli di 60 milioni di euro in due anni
«Chi me lo fa fare di non prescrivere un esame quando io, medico, ci rimetto, scontento anche il paziente e magari rischio anche di essere denunciato se qualcosa va storto?» La domanda retorica l'ha posta ieri Antonio Bonaldi , presidente di Slow Medicine, associazione di promozione sociale nata dall'idea che cure appropriate e di buona qualità e un'adeguata comunicazione tra le persone riducano i costi dell'organizzazione sanitaria e gli sprechi. Parole magiche nell'era dei tagli e della spending review. Anche per la ricca Provincia di Trento, che per la salute spende circa un terzo del bilancio pubblico, 1 miliardo e 100 milioni all'anno, ma che proprio da questa voce dovrà limare da qui a due anni almeno 60 milioni.
«Buona sanità con meno risorse: una sfida possibile» era il titolo del convegno che si è tenuto ieri mattina nell'auditorium del Centro servizi sanitari in viale Verona. Evento formativo molto partecipato, aperto e chiuso dall'assessore provinciale Donata Borgonovo Re , che la filosofia della Slow Medicine la sposa apertamente e l'ha inserita anche nel Piano della Salute decennale in via di elaborazione. La fotografia della sanità attuale, emersa dalle relazioni e dal dibattito finale, mostra un'organizzazione in cui la gente soffre di sovradiagnosi, in cui la troppa tecnologia e l'abilità nell'usarla ha annichilito la capacità del medico di riflettere e di trasmettere al paziente le buone pratiche e gli stili di vita che permettano di prevenire le malattie anziché doverle affrontare. Tutto questo ha un costo, destinato inevitabilmente ad aumentare sempre più se non si inverte la rotta. Cosa non facile.
«Siamo un po' come salmoni che devono risalire la corrente con gli orsi che ci vogliono mangiare» dice Bonaldi, ex direttore sanitario in pensione che ha dato vita e ora dirige Slow Medicine. Il movimento ha avviato il progetto «Fare di più non significa fare meglio», declinazione italiana di quello che in America chiamano Choosing Wisley a cui hanno aderito 16 nazioni. In Italia hanno risposto positivamente all'appello 34 società, molte associazioni tra cui quella dei consumatori Altroconsumo, che ha avviato una campagna con schede per il cittadino pubblicate sulla propria rivista mensile. C'è insomma una sensibilità diffusa per temi che però richiedono un cambio di cultura radicale, sia tra i medici che tra i cittadini-pazienti. Perché la cultura dell'esame facile e spesso inutile ha preso piede anche in Italia, ai primi posti in Europa con la Grecia per numero di Tac, radiografie e risonanze magnetiche, e anche in Trentino dove questi esami sono circa il doppio di quelli prescritti in Alto Adige.