Corsi di formazione «farsa» con fondi europei Impresa trentina deve restituire i contributi
Occasione di crescita per l'azienda, ma anche fonte inesauribile di sprechi «tanto paga Pantalone». È la doppia faccia dei corsi di formazione finanziati attraverso il Fondo sociale europeo. Ma chi ha sgarrato, chi ha utilizzato male i contributi, chi ha organizzato i corsi in modo disinvolto (per non dire di peggio) rischia una mazzata.
Lo ha sperimentato una falegnameria della val di Non i cui titolari si sono trovati in un mare di guai con l'avvio di tre procedimenti: penale, amministrativo e contabile. Alla fine hanno dovuto pagare circa 220 mila euro tra contributi da restituire, interessi e sanzioni irrogate dalla Provincia.
L'azienda, attiva nel settore della «fabbricazione di mobili per arredo domestico», aveva attinto ai finanziamenti destinati agli «interventi aziendali anticrisi».
Il primo contributo da 79.320 euro era relativo al progetto «Controllo d'impresa/sviluppo commerciale: strumenti di programmazione e formazione manageriale» svolto tra settembre 2010 e giugno 2011. Il secondo, finanziato con 69.635 euro, era per il progetto «L'arte del legno tra memoria e modernità» svolto tra settembre 2011 e maggio 2012.
I controlli eseguiti dalla Guardia di finanza, Sezione danni erariali, hanno dimostrato che i corsi erano organizzati in modo molto approssimativo. Nella sentenza con cui la Corte dei conti ha dichiarato cessata la materia del contendere perché gli imprenditori hanno risarcito integralmente il danno erariale, si rileva come il pm contabile avesse rilevato «diffuse irregolarità e illiceità, quali l'alterazione delle firme dei docenti e dei discenti sui registri delle lezioni, il mancato raggiungimento del monte ore minimo di frequenza previsto per la percezione del "reddito allievi", la mancata realizzazione di alcuni corsi obbligatori, una inesistente attività di tutoraggio, la mancata consegna di materiale didattico per i corsi».
L'inchiesta della Procura regionale della Corte dei conti si era chiusa con la citazione in giudizio per un danno erariale quantificato in 148.956 euro. La difesa, sostenuta dall'avvocato Flavia Torresani, addebitava gli errori e le irregolarità relativi ai due corsi alla società che si era occupata della loro organizzazione. Un argomento che la Corte dei conti respinge con una motivazione che ha il sapore del monito: «Giova, in proposito, osservare che il "soggetto attuatore" degli interventi aziendali in periodo di crisi economica ha, certamente, la possibilità di affidare o delegare parte delle attività a soggetti terzi (docenza, codocenza, tutoraggio, ideazione, progettazione), ma non può, per espresso divieto, delegare le attività di direzione e sottrarsi agli obblighi di controllo/coordinamento sulla gestione dei corsi che, in quanto "soggetto attuatore", si è impegnato a svolgere».
Nelle more del giudizio contabile è intervenuta la Provincia che, attraverso l'Agenzia del lavoro, nel settembre 2014 ha disposto la revoca dei finanziamenti con restituzione della somma erogata, degli interessi legali e di una sanzione pari al 30% per un totale di 220 mila euro. Somme che la falegnameria ha già restituito. Il procedimento contabile è stato dunque archiviato, ma in sentenza i giudici non hanno mancato di sottolineare che dagli atti di questa istruttoria - ma non è certo l'unico caso di cattivo utilizzo di fondi Fse - emerge «la macroscopica devianza della gestione dei fondi pubblici rispetto agli scopi sottesi all'erogazione dei finanziamenti, nonché il correlato danno pubblico e la responsabilità imputata ai convenuti».