«Trentino, il boom di iscrizioni ai licei indica sfiducia dei ragazzi nel lavoro»
Se si guardano le percentuali, il 25% di iscritti in più al liceo classico ed il 25% in meno alla scuola per parrucchiere ed estetista sono dati che sorprendono e che, probabilmente, non hanno precedenti. Se invece si considerano i numeri assoluti, con +39 unità nel primo caso e -51 nel secondo, l'analisi è più complessa.
È quanto evidenzia il professor Carlo Buzzi (foto) del Dipartimento di sociologia e ricerca sociale.I dati sulle iscrizioni alla scuola trentina per l'anno 2016/2017 evidenziano come i licei (+2,9%) piacciano più della formazione professionale (-5,3%). «Quest'ultima è stata sempre vista come un canale privilegiato per trovare un'occupazione in tempi rapidi - spiega il professor Buzzi - forse si è riflettuto se questo sia vero e qualche studente ha optato per posticipare l'ingresso nel mondo del lavoro iscrivendosi alla secondaria di secondo grado».
Professor Buzzi, con l'aumento di iscritti al liceo classico e il calo alle professionali si può parlare di un cambiamento in corso?
«I dati sono abbastanza sorprendenti perché in qualche modo inaspettati e perché ci inducono a pensare e a ragionare. Il discorso del trend in atto, che è l'ipotesi più suggestiva, non è ancora convalidato: è necessario aspettare l'anno prossimo per vedere se questi orientamenti si consolidano o no».
Se non si può parlare di un andamento certo, c'è una «chiave di lettura» per approcciarsi ai dati?
«Se si guardano i numeri assoluti ci sono tre possibilità. La prima è che ci sia un trend sotteso, ossia le richieste di formazione si stiano indirizzando in maniera diversa rispetto al passato. Ma sarebbe necessario il confronto su più anni o con altre realtà nazionali o almeno vicine. Altra possibilità, quando c'è una redistribuzione come nel caso del liceo scientifico che perde 25 iscritti e del liceo scientifico scienze applicate che ne guadagna 24, è che esiste un'opzione che si è maggiormente qualificata.
Per il liceo classico il dato potrebbe essere l'efficace risultato di una politica di presentazione, di una buona campagna di comunicazione, anche se 39 nuovi iscritti non sono tantissimi su tutto il territorio, sono due classi in più. La seconda ipotesi è, dunque, la politica di comunicazione. Infine la terza ipotesi, non impossibile quando si hanno numeri così bassi, è che si tratti di oscillazioni casuali».
La formazione professionale ha invece un segno negativo: -5,3% di iscritti complessivi con un calo di 51 studenti nel settore di acconciatura ed estetica, in percentuale -24,4%. Come si possono interpretari questi numeri?
«Traspare in questo caso una certa sfiducia nelle opportunità lavorative. La formazione professionale è vista di per sé come un canale privilegiato per trovare lavoro in tempi rapidi. Forse si è cominciato a riflettere se questo sia vero. Andare in una secondaria vuol dire stare più tempo a scuola: ci sono elementi professionalizzanti specifici anche qui e questo può aver invogliato qualcuno ad optare per la secondaria di secondo grado ed a posticipare l'ingresso nel mondo del lavoro, forse sperando inconsciamente in tempi migliori».
Nelle scuole secondarie emergono delle compensazioni, dei «travasi» nel numero di iscritti, come nel caso da lei citato del liceo scientifico con 25 studenti in meno e del liceo scientifico opzione scienze applicate con 24 ragazzi in più. Esiste la compensazione anche nella formazione professionale, sebbene il totale degli iscritti sia sceso di 72 unità rispetto all'anno scolastico precedente?
«C'è il settore produzioni, lavorazioni industriali ed artigianali che ha perso 28 iscritti e il settore lavorazioni industriali ed artigianali artistiche che ne ha guadagnati 37. Il vero cambiamento è nel settore acconciatura ed estetica: non ci sono compensazioni e ciò vuol dire che questi giovani si sono rivolti ad un istituto superiore, forse al liceo delle scienze umane.
Ora, con il discorso dell'alternanza scuola-lavoro che la Provincia di Trento ha sottolineato, è possibile che sia passata l'immagine di una scuola secondaria più vicina al lavoro. Si potrebbe pensare che, in una situazione di difficoltà occupazionale, i ragazzi si vogliano formare professionalmente in modo da poter giocare subito le chances . Ma è anche vero l'opposto: il fatto che, tutto sommato, converrebbe aspettare»