Profughi, la Baviera offre aiuti all'Austria per controllare la frontiera del Brennero

La Baviera offre il suo sostegno all’Austria nei controlli sul Brennero. Lo ha affermato il leader della Csu bavarese Horst Seehofer, alla Bayrische Rundfunk.

Se Vienna lo richiederà, la Baviera sarà pronta a sostenere i controlli sul confine con l’Italia.

La promessa arriva nel giorno di un’ennesima lite nel governo tedesco: Seehofer ha duramente contestato l’annuncio del ministro dell’Interno di un possibile stop ai controlli sulle frontiere.

Intanto il sottosegretario italiano alla presidenza del consiglio con delega agli Affari europei, Sandro Gozi, vola in Grecia per verificare l’andamento delle operazioni e il trattamento dei profughi dopo l’ìaccordo Ue-Turchia.

Gozi parteciperà alla missione in Grecia venerdì e sabato, promossa dal ministro degli esteri olandese Bert Koenders, alla quale prenderanno parte anche il ministro degli esteri slovacco Miroslav Lajcak, il sottosegretario
maltese alla Presidenza Ue 2017 Ian Borg e il segretario di Stato portoghese per gli affari europei Margarida Marques.

«A pochi giorni dal via all’accordo Ue-Turchia per la gestione dei flussi migratori, saremo in Grecia per accertarci della sua corretta applicazione e quali sono gli ostacoli operativi nel quotidiano. Se sarà necessario, faremo ulteriori pressioni perchè tutti rispettino i loro impegni», ha detto, spiegando che «quello siglato è un accordo molto complesso quanto necessario. In parallelo vanno gestiti i flussi migratori alle frontiere esterne, anche grazie ad un corpo di polizia europeo».

«È questa l’Europa che vogliamo - ha aggiunto - e che intendiamo costruire in vista di Roma 2017. Quella della condivisione delle informazioni, della difesa delle libertà acquisite anche grazie a Schengen, di una politica comune dell’immigrazione».

Ma molte organizzazioni attive sul terreno contestano l’accordo con la Turchia e ne rilevano una serie di aspetti che contrastano con norme nazionali e internazionali e con le convenzioni. Per esempio i previsti rimpatri su base di appartenenza nazionale, mentre le norme sull’asilo prevedono ovviamente il diritto individuale a chiedere protezione (che semmai dopo la valutazione può essere negata).

Unhcr e altre agenzie e Ong stanno frattanto lavorando per cosatruire un canale alternativo e legale per i profughi: i corridoi umanitari.

Ieri si è appreso che, dopo i 97 atterrati a Fiumicino il 29 febbraio, altri 150 siriani sono attesi in Italia con un volo di linea da Beirut e in mano un visto umanitario grazie ai «corridoi umanitari» nati dalla collaborazione tra Comunità di Sant’Egidio e le Chiese Evangeliche, che hanno in programma di ospitare nel nostro Paese in tutto circa mille persone quest’anno.

Finora si è trattato in maggioranza di musulmani, soprattutto famiglie provenienti da diverse zone della Siria, alloggiate per mesi in campi profughi spontanei nel nord del Libano: anche chi arriverà a fine mese sarà accolto da parrocchie o famiglie di volontari, e assistito in un percorso di integrazione.

Ai malati verranno fornite cure specialistiche, i bambini saranno iscritti nelle scuole italiane. E potranno fare domanda di asilo con un percorso ‘facilitatò, poichè procedure di identificazione e controlli sono già stati svolti.

L’annuncio di Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio, e Luca Maria Negro, presidente della Federazione della Chiese Evangeliche, arriva proprio nel giorno in cui è partito il secondo step dell’accordo Ue-Turchia, coi rinvii dei migranti approdati sulle coste greche.

I corridoi umanitari sono stati possibili agendo nel perimetro delle leggi esistenti, usando come «grimaldello il regolamento europeo dei visti» e grazie all’assistenza legale della Farnesina e del ministero dell’Interno, per questo se ce ne fosse la volontà potrebbe essere replicato facilmente in altri Paesi europei, ha spiegato Impagliazzo ai giornalisti della stampa estera:

«Viene fornito un visto limitato al territorio italiano, con la possibilità di presentare in seguito domanda d’asilo. È un modo sicuro per entrare in Italia, per chi arriva e per noi che accogliamo. Allo Stato non costa nulla».

Le spese sono sostenute dalla Comunità e dalla Chiese protestanti, che hanno messo a disposizione un budget di 1,2 milioni di euro e cercano di ospitare più persone possibile. I costi sono contenuti - circa 20 euro al giorno a persona - anche grazie al lavoro gratuito dei volontari e dei medici.

Quindi coi 6 miliardi promessi alla Turchia quanti siriani si potrebbero ospitare? Impagliazzo non risponde alla provocazione, ma definisce l’accordo «un fallimento dell’Unione: oggi l’Europa ha derogato alle sue responsabilità».

E il rinvio dei migranti dalla Grecia alla Turchia, lanciato con grande enfasi mediatica, si è già fermato. E mentre la commissione europea presenta le «opzioni» per la riforma del sistema di Dublino, per rafforzare le vie di immigrazione legale e la sicurezza della frontiera esterna, il portavoce afferma che le deportation si fanno «per rendere chiaro che usare la rotta illegale non dà frutti».

Ma dalla Grecia spiegano che la maggior parte degli almeno tremila profughi trattenuti nelle isole del Dodecanneso ha presentato domanda di asilo. Che vanno valutate individualmente e quindi per ora mancherebbero le persone da rimandare indietro.

Intanto, mentre a Idomeni e al Pireo si cerca di convincere i migranti ad accettare il trasferimento nelle strutture provvisorie, Vienna si prepara a blindare il confine col Brennero, anche con la forza militare. «L’esercito austriaco è pronto per un intervento rafforzato», ha detto il ministro della Difesa Hans Peter Doskozil, aggiungendo che «se necessario, sono pronte alcune centinaia di soldati».

Numero che «potrebbe essere accresciuto».
Angelino Alfano, dalle colonne del Financial Times, ha sollecitato la Ue a far sentire la sua voce ed a stipulare anche con i Paesi africani accordi sulla falsariga di quello con la Turchia. Tema che sarà affrontato giovedì ad Addis Abeba in un incontro tra un gruppo di commissari europei guidato da Federica Mogherini con le controparti dell’Unione africana. Col portavoce dell’esecutivo Ue, Margaritis Schinas, che però osserva come per fare accordi «servono Paesi solidi».

E sulla legalità dell’accordo Ue-Turchia per sigillare la rotta balcanica continuano a pesare forti dubbi. Da una parte Ankara - nonostante la visita del commissario Avramopoulos - è ancora ferma alla «volontà politica» di garantire protezione ai non-siriani, come afghani e iracheni che rischiano di essere rispediti a rischiare la vita nei paesi d’origine.

Dall’altra, anche se da Bruxelles insistono che «nessun richiedente asilo sarà respinto», l’Unhcr denuncia che 13 (afghani e congolesi) dei 202 rinviati l'altroieri in Turchia da Chios non hanno neppure avuto la possibilità di presentarla, la domanda d’asilo. «Un errore», dicono i greci, lanciando segnali preoccupanti sull’effettiva gestione del meccanismo.

Preoccupanti, almeno per socialisti e liberali del Parlamento europeo, appaiono anche le anticipazioni sulla proposta di riforma del sistema europeo d’asilo e dell’accordo di Dublino che la Commissione presenterà domani. Non ci sarà alcuna proposta legislativa, ma solo una «comunicazione».

Punto principale: arrivare ad una vera armonizzazione della politica d’asilo europea, adottando ‘regolamentì immediatamente esecutivi e non più direttive, che vengono trasposte e adattate alle singole legislazioni nazionali. In un futuro non meglio precisato l’Easo (l’Agenzia europea per l’asilo) dovrebbe avere un ruolo operativo centrale, col potere di decidere in primo grado sulle singole richieste.

Ma sul punto centrale dell’accordo di Dublino (in vigore dal 1997 e sostanzialmente immutato nonostante la revisione del 2013), quello che mette in carico ai Paesi di primo approdo - quindi, per ora, Grecia e Italia - l’accoglienza dei migranti e la gestione delle richieste d’asilo, le due opzioni in campo non appaiono particolarmente forti.

La prima di fatto lascia le cose come sono, ma con un meccanismo permanente di ricollocazione una volta che il paese interessato ha raggiunto i limiti di capienza. La seconda dà ai paesi di prima accoglienza l’obbligo di registrare e identificare chi arriva, con un sistema obbligatorio di redistribuzione tra i 28 per la valutazione delle richieste d’asilo e l’eventuale successiva accoglienza.

Inquieti due terzi della coalizione che sostiene la Commissione al Parlamento europeo. «Niente operazioni di maquillage», avverte il capogruppo socialista Gianni Pittella, mentre il leader dei lib-dem Guy Verhofstadt avverte che «se resta lo status quo, la Ue sarà distrutta».

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