«Parassiti buonisti? Noi serviamo la comunità» Tagli all’accoglienza, gli operatori non ci stanno
Chi sono: laureati, altamente qualificati ma spesso sottopagati, madri e padri, giovani per lo più italiani. Cosa non sono: parassiti, “buonisti”, volontari, approfittatori.
«E questi sono solo alcuni degli epiteti che ci vengono rivolti quotidianamente», spiega amareggiata Valentina Merlo, operatrice d’accoglienza del Centro Astalli, che ieri ha manifestato insieme a molti altri suoi colleghi contro i tagli preannunciati dalla giunta Fugatti. «Con queste misure verranno a mancare dei servizi basilari: uno dei nostri compiti, ad esempio, è proprio quello di spiegare ai ragazzi che arrivano qui che ci sono dei diritti, certo, ma anche dei doveri. Li guidiamo quando si tratta di cercare un lavoro, spieghiamo loro come è meglio comportarsi. Se viene meno il nostro lavoro vengono meno dei ponti, che in tutto questo tempo hanno giovato a chi è stato accolto ma anche all’intera comunità trentina. In più, perderanno il lavoro tanti giovani colleghi preparati, plurilaureati, che in questi anni si sono spesi per creare una società più giusta».
Lorena Martinello è una giovane mamma sola di 32 anni, e dal 2014 lavora per il Centro Astalli come operatrice di comunità: «La mia area, in effetti, è attualmente una delle più a rischio: ci occupiamo di tessere reti e favorire occasioni di incontro tra le persone accolte e il territorio. Non nascondo che si naviga a vista, ma più che essere preoccupata per me e la mia situazione personale sono angosciata dalla prospettiva che si va a delineare: una perdita di diritti, un passo indietro per la società civile. Se l’idea che deve passare è che si debba calpestare il prossimo allora non ci stiamo. Per quanto ci riguarda abbiamo grandi progetti e li porteremo avanti sempre, anche se dovessimo, un domani, farlo da semplici volontari. L’amarezza però sta nel vedere che certi diritti non verranno rispettati e che non viene riconosciuta la ricchezza che queste persone portano e che noi cerchiamo di far emergere nel nostro lavoro quotidiano».
Tra i volontari della prima ora della residenza Fersina, Francesca Righi in questi anni ha accompagnato diversi ragazzi alla scoperta della musica curando un laboratorio e prendendo parte a diverse iniziative. «C’è un senso profondo di amarezza nel vedere che tutti quegli operatori, bravi e preparati, con i quali ci siamo sempre interfacciati, che ci hanno accompagnati nelle attività, nella conoscenza delle persone accolte, ora si ritroveranno senza lavoro. E c’è preoccupazione anche nel pensare come vivranno questi cambiamenti i ragazzi ospiti della residenza, cosa ne sarà di loro, del percorso di inserimento nel tessuto sociale che stavano portando avanti positivamente. Oggi sono qui perché penso che la questione dell’inclusione tocchi tutta la nostra società: è quella l’unica strada valida per vivere in armonia e anche in sicurezza».
Sandra Aschieri, presidente di Atas, aggiunge: «Una cosa che forse non si valuta o non si capisce è che il sistema d’accoglienza non è solo per i richiedenti asilo, ma è pensato per l’intera comunità. Se una società è davvero civile, si fa in modo che chi vi voglia fare ingresso abbia la possibilità di integrarsi».
SAVOI DURO: «SOPPRIMERE IL CINFORMI»
Il consigliere provinciale della Lega Alessandro Savoi batte le mani alla sua giunta. «Il popolo è stufo di vedere migranti che girano per le strade e le piazze senza fare niente, per loro la pacchia è finita. Al posto di Fugatti sarei stato ancora più duro» afferma.
Lui, ad esempio, Cinformi l’avrebbe addirittura soppresso: «Basta sprecare soldi per ospitare persone che vengono in Italia non certo perché scappano da una guerra. Noi dobbiamo rispondere solo a chi ci ha dato il mandato per governare, a nessun altro». Sul presidio organizzato dai sindacati è sintetico: «Ognuno è libero di scendere in piazza, siamo in democrazia. Ma si mettano bene in testa che non torneremo mai indietro. Ci accusano di razzismo? Facciano pure, siamo abituati».
Soddisfatto della linea adottata da Fugatti è il presidente della Regione, Roberto Paccher: «Era arrivato il momento di stroncare quelle cooperative operanti sul fronte dell’accoglienza che assorbono un’esagerata quantità di risorse pubbliche. Non siamo più in grado di garantire i fondi del passato». Rilancia un vecchio slogan del Carroccio: «Dobbiamo dare la priorità assoluta ai trentini. Gente che soffre e che ha bisogno ne abbiamo pure noi. Ci hanno votato per eliminare gli sprechi e fare chiarezza in materia di migranti, i tagli sono sacrosanti».