I nostri ragazzi "drogati" di web già a 11 anni sono sui social fra cyberbulli, porno e pericoli
Già a 11 anni, il 20% dei ragazzi che frequentano la prima media dice di essere stata vittima di Cyberbullismo ossia di essere rimasto offeso da sms, messaggi o immagini giunte sul cellulare. Una percentuale che sale al 40% per i ragazzi di prima superiore. Sempre del 20% la percentuale di ragazzi di prima media che hanno ricevuto messaggi o video pornografici o particolarmente violenti (45% per i ragazzi di prima superiore). È poi del 15% la percentuale di ragazzi di prima superiore che hanno fatto girare proprie foto hard o video tramite chat. Numeri decisamente preoccupanti che sono emersi dall’elaborazione dei dati raccolti nell’ambito del progetto «Scuola e famiglie insieme per prevenire i rischi della navigazione» organizzato da Associazione Ama in collaborazione con il progetto Navigare a Vista e gli istituti scolastici. Progetto sostenuto grazie al contributo della Fondazione Caritro.
Ieri sera, proprio nella sala conferenze della Fondazione Caritro, sono stati presentati i risultati dello screening cyber-bullismo e dipendenza da internet che ha coinvolto 423 ragazzi di prima media degli istituti comprensivi Trento 2, Trento 3, Trento 5 e 316 studenti di prima superiore degli istituti Sophie Scholl di Trento e Marie Curie di Pergine Valsugana e Levico Terme.
L’obiettivo era quello di mettere in guardia genitori e insegnanti sulla diffusione di alcuni fenomeni e tendere la mano offrendo soluzioni, come gruppi di mutuo aiuto e un portale ad hoc. Raccolti i questionari, nelle due classi di ogni scuola ritenute a maggior rischio sono stati poi compiuti degli interventi mirati. L’elaborazione delle risposte fornite dai ragazzi ha fatto emergere che in prima media circa il 60% dei ragazzi possiede un cellulare e che in prima superiore lo hanno praticamente tutti. Con il cellulare in mano l’iscrizione ad almeno un social è quasi automatica. Tra i ragazzi di prima media il 12% è iscritto a Facebook, il 25,6% a Instagram e il 95,5% a Whatsapp. Di circa il 30% l’adesione a Snapchat e Tik Tok. Per quanto riguarda i ragazzi di prima superiore, il 99,5%, ossia tutti quelli che hanno un cellulare, sono iscritti ad almeno un social. Whatsapp il più gettonato (99,1%), seguito da Instagram (93,9%) e da Snapchat (73,1%). I meno usati dagli adolescenti sono Facebook e Telegram. L’iscrizione ai social comporta un certo tempo dedicato a rispondere a messaggi, commentare, postare foto. In prima media il 74% dei ragazzi dice di riuscire a contenere questa attività in un’ora. C’è però anche un 5,8% dei maschi che ammette di passarvi più di tre ore al giorno mentre le ragazze sembrano essere più dipendenti, tanto che alle superiori più della metà passa da 1 a 3 ore su Istagram o Whatsapp.
Ma il vero problema, soprattutto per i maschi, sono i videogiochi. Più del 90% ne possiede uno già in prima media (la percentuale è del 70% nelle ragazze alle medie e scende al 52,1% alle superiori). Quanto giocano? Per quanto riguarda i maschi che frequentano le scuole medie il 32,2% gioca da 30 minuti a un’ora e un altro 33,2% da 1 a 2 ore. C’è poi una percentuale del 13,2% che gioca da 2 a 3 ore al giorno e il 6,3% che gioca più di tre ore. Diverso il discorso per le ragazze: più dell’80% gioca al massimo per un’ora al giorno. Alle scuole superiori il divario tra maschi e femmine aumenta ancora di più. Nei ragazzi cresce la percentuale di coloro che giocano più di 2 ore al giorno, mentre più del 60% delle ragazze gioca meno di 30 minuti al giorno.
Lo studio ha poi analizzato se e quanto i ragazzi giocano prima di andare a dormire, in quanto questo viene ritenuto un comportamento pericoloso soprattutto per quanto riguarda la vera e propria dipendenza da videogiochi. Il fenomeno riguarda soprattutto i ragazzi che frequentano le superiori i quali, avendo più da studiare il pomeriggio, spostano alla sera il tempo dedicato ai giochi. Le ore, in alcuni casi, finiscono per aumentare facendo perdere loro la cognizione del tempo. «Capita - ha spiegato la psicologa Giulia Tomasi, del gruppo Navigare a vista - che questi ragazzi perdano preziose ore di sonno davanti ai videogiochi e che poi all’indomani facciano fatica a scuola o addirittura che non ci vadano affatto. Accumulano così lacune fino ad abbandonare».
Per queste famiglie e per quelle dei ragazzi con sindrome Hikikomori, ossia lo stato di isolamento sociale, è stato creato un gruppo di Mutuo aiuto che si incontra due volte al mese. Un gruppo del quale fanno parte una decina di famiglia ma altre venti nei sono passate da quando, due anni fa, sono state effettuate delle serate per informare di questo servizio. «Il gruppo - spiega Giulia Tomasi - è formato da genitori e coordinato da due psicologi»