Tornano gli esami di riparazione? Schizzerotto: «Uno spreco di soldi la mia ricerca lo conferma»
«Reintrodurre gli esami di riparazione? L’assessore Mirko Bisesti ci ripensi e non sprechi denaro pubblico». Antonio Schizzerotto non ha dubbi. Tornare al passato, archiviando l’attuale formula delle carenze formative, per lo storico docente di Sociologia è un errore.
«Insieme a Erich Battistin dell’Università del Maryland, ho condotto un’analisi pubblicata su Empirical Economics che ha dimostrato l’inutilità degli esami di riparazione. In certi casi sono addirittura controproducenti».
Professore, quando avete effettuato lo studio?
Tre anni dopo la riforma Fioroni del 2007, che ha dato il via libera al ritorno degli esami di riparazione. Il Trentino, guidato allora da Lorenzo Dellai, ha deciso di non adeguarsi al resto d’Italia e ha scelto un’altra strada.
Quella dei debiti formativi.
Esatto. Ad un certo punto insieme al professore Erich Battistin ho ritenuto opportuno capire scientificamente se nella nostra provincia si era presa la decisione giusta oppure no.
Come è stata condotta l’analisi?
Abbiamo messo a confronto le seconde e le terze classi dei licei, degli Istituti tecnici e delle professionali di Trento, Rovereto, Riva del Garda, Bolzano, Schio e Desenzano. Sono stati coinvolti circa 2.000 ragazzi, sottoposti a un test in italiano e in matematica che si ispirava al Programma per la valutazione internazionale dello studente (Pisa).
Quali risultati si sono avuti?
Diversi da quelli che ci si poteva aspettare. Sulla carta era ipotizzabile che chi aveva studiato di più per superare gli esami di settembre, dimostrasse nelle nostre prove una migliore preparazione rispetto ai coetanei trentini. Non è andata così. Abbiamo documentato effetti differenziali fra i diversi percorsi di scuola superiore, raffiguranti nella migliore delle ipotesi – a seconda dei dati utilizzati – un miglioramento marginale per gli studenti dei licei. Marcati gli effetti negativi della riforma decisa dal ministro Giuseppe Fioroni nelle scuole tecniche e professionali, dove gli iscritti provengono da ambienti meno privilegiati.
Esami di riparazione bocciati. È così?
Hanno dei pesanti limiti. Chi sa di avere una carenza in una materia, smette di studiarla spesso già in primavera. Consapevole che, comunque, i dati lo dimostrano bene, essere rimandati è sempre più difficile - per le scuole è più conveniente economicamente promuovere a giugno evitando così di accollarsi gli oneri amministrativi e i costi imposti dalla riforma - e che, se succede, venir bocciati a settembre è un evento raro.
L’attuale modello scolastico trentino non va dunque cambiato.
I risultati Invalsi e quelli arrivati alla conclusione della nostra ricerca, che ha avuto una notevole visibilità internazionale, lo dimostrano. L’assessore provinciale alla Cultura Mirko Bisesti dovrebbe destinare ad altri progetti, sempre nel mondo dell’educazione, i soldi pubblici che si renderebbero necessari per reintrodurre gli esami di riparazione. E ne servirebbero molti.
Dove si potrebbero investire quei fondi?
Da tempo sostengo che sarebbe opportuno dare alle scuole maggiori finanziamenti per le attività di “tutorship”. Ciò permetterebbe ai vari istituti di affiancare, durante l’anno, agli studenti che hanno delle carenze degli insegnanti di buon livello. Il massimo.