Calendario di caccia sarà "battaglia" al Tar
A due settimane dall’apertura della caccia al camoscio (17 agosto), è finito davanti al giudice, come preannunciato, il calendario venatorio, con le relative regole, approvato dalla giunta provinciale lo scorso 19 aprile.
La delibera firmata dall’assessora alla foreste e fauna, Giulia Zanotelli, è stata impugnata da quattro associazioni ambientaliste - Pan Eppaa, Lipu (Lega italiana protezione degli uccelli), Wwf Trentino e Lav (Lega anti vivisezione) - che si sono affidate all’avvocato Francesco Dalba.
La giunta provinciale, nel definire le specie cacciabili e e il periodo del prelievo, ha respinto la richiesta dei cacciatori di riaprire la caccia alla pernice. Nello stesso tempo ha però pure respinto, ritenendoli tecnicamente “superabili”, alcuni rilievi dell’Ispra (Istituto superiore per la ricerca ambientale che fa capo al Mistero dell’ambiente) relativi ai periodi di prelievo di alcune specie ornitiche.
La giunta, che ha ricevuto il parere unanime dell’Osservatorio faunistico (organismo che ha sostituito il soppresso Comitato faunistico), con riferimento a germano reale, alzavola, canapiglia, fischione, marzaziola, moriglione, beccaccia, beccaccino, tordo bottaccio, tordo sassello, cesena, fagiano, quaglia, ha deciso che l’apertura della caccia sarà dalla terza domenica di settembre, anziché dal 2 ottobre. Scelta appunto contestata dall’Ispra, ma che la giunta ha adottato in considerazione della «lunga tradizione venatoria trentina» e delle «caratteristiche morfologiche e climatiche del territorio provinciale».
Di rilevante, nel ricorso delle quattro associazioni ambientaliste, c’è la richiesta di riunire il ricorso contro il calendario venatorio con quello che ha impugnato la precedente delibera di soppressione del Comitato faunistico provinciale. Le due questioni, rileva l’avvocato Dalba, sono infatti strettamente connesse. Nella soppressione del Comitato in cui erano presenti le associazione ambientaliste, è ravvisata una mutilazione degli interlocutori istituzionali ed una disparità di trattamento rispetto al panorama nazionale, perché nel resto del Paese le associazioni sono parte attiva nella fase preparatoria-consultiva e deliberativa del calendario venatorio. C’è dunque, per i ricorrenti, un «vizio di legittimità costituzionale della legge delega (la 3 del 2006) con cui la giunta è intervenuta, in maniera giudicata “demolitoria”, sull’impianto normativo della caccia: nella sostanza, avere estromesso le associazioni ambientaliste contrasta con una serie di articoli della Costituzione.
Inoltre, la direttiva europea in materia assicura la partecipazione, ma «con l’estromissione delle associazione ambientaliste dei processi deliberativi in materia dei prelievi venatori e del calendario venatorio, tali obblighi convenzionali appaiono radicalmente violati».
Nel merito, Pan Eppaa & C. contestano le prescrizioni relative alla caccia al cinghiale, perché affida il controllo ai cacciatori. L’assunto è che, secondo la legge nazionale sulla caccia, i piani di controllo sono attuati dalle guardie venatorie dipendenti dalle amministrazioni provinciali. Inoltre, gli orari di caccia (un’ora dopo il tramonto) sono eccessivamente prolungati. Le quattro associazioni si richiamano ai «non pochi incidente occorsi nell’ultima stagione».
Per gli ungulati (dall’1 settembre al 20 ottobre per il capriolo maschio, dall’1 settembre al 30 dicembre per capriolo femmina, piccolo e cervo), la caccia è consentita da un’ora prima del sorgere del sole fino ad un’ora dopo il tramonto. Ma «il più alto numero di incidenti avviene al crepuscolo e prima dell’alba» contestano gli ambientalisti.
Contestati, perché “irrazionali”, anche i quantitativi di prelievo, «senza che alcuna attività di preventivo censimento sia stato compiuto negli ultimi sedici anni». Nel ricorso si citano l’Alzavola e il Moriglione, considerate specie a rischio, e pure la situazione («assai preoccupante») del Tordo sassello. Infine, è contestata la possibilità, in Trentino, di esercitare la caccia sia in forma vagante, sia con appostamento fisso: aspetto su cui già pende una questione di legittimità costituzionale. La giunta Fugatti ha deciso di resistere al ricorso, affidandosi ai legali dell’Avvocatura della Provincia.