Ricatto sessuale in rete: arrestato 29enne La vittima è un giovane trentino Paga per evitare la divulgazione di foto hard
Si sono conosciuti su un sito di incontri online.
Ma quello che doveva essere un rapporto tra due adulti consenzienti in cerca di una relazione di tipo sessuale ha assunto contorni di tutt’altro genere.
Da virtuale la relazione è diventata drammaticamente reale, con la richiesta di soldi, per evitare che le proprie foto di nudo venissero divulgate.
Ma la vittima, un giovane residente nella provincia di Trento, dopo avere messo mano al portafoglio (ha versato 900 euro su una carta Postepay), comprendendo che quella spirale di ricatti e minacce non avrebbe che potuto peggiorare, ha fatto la cosa giusta: ha chiesto aiuto alla polizia.
E così, dopo un’indagine lampo, gli investigatori della squadra mobile di Trento sono risaliti all’autore del ricatto. Si tratta di una persona residente a Roma, L.S. le iniziali: l’uomo, che deve rispondere del reato di estorsione, è stato posto agli arresti domiciliari. L’ordinanza, chiesta dal pm Davide Ognibene, è stata eseguita ieri mattina con la collaborazione degli agenti della squadra mobile della capitale. Nel corso di una perquisizione effettuata a carico dell’indagato gli investigatori avevano trovato il telefono cellulare usato per contattare la vittima e anche la carta di credito ricaricabile sulla quale il trentino aveva versato il denaro.
La trappola in rete.
A fare da sfondo a questa storia di ricatti, ancora una volta, è la rete. I fatti risalgono alla fine di settembre. Il 29enne romano, secondo quanto ricostruito dalla polizia, usando lo pseudonimo “Bear”, aveva lasciato un annuncio su un sito di incontri online. Il contenuto del messaggio era chiaro: l’arrestato si diceva disponibile ad incontri per corrispondere prestazioni di tipo sessuale. A quell’annuncio risponde la vittima che, ignara di quello che sarebbe accaduto da li a poco, abbassa le difese e si lascia adescare. Si fida del suo interlocutore, evidentemente bravo ad accreditarsi come persona affidabile e discreta. E così, quando scatta la richiesta di ottenere alcune fotografie intime, la vittima acconsente.
Le immagini, che diventeranno il grimaldello per forzare la vittima a pagare, vengono spedite con un messaggio Whatsapp.
La richiesta di denaro.
Trascorre qualche giorno e gli intenti dell’”amico” virtuale si mostrano per quello che sono: ottenere soldi. Il sedicente “Bear”, infatti, si fa avanti e contatta il giovane trentino. La richiesta è chiara: pagare 900 euro, oppure vedere date in pasto alla rete le immagini che lo ritraggono nudo in atteggiamenti sessuali. Fotografie che la vittima aveva inviato spontaneamente al suo aguzzino, nella convinzione che sarebbero rimaste all’interno di un “gioco” tra due adulti. Invece si sbagliava e la paura di venire umiliato e violato nella sua sfera più intima lo fa cedere al ricatto. Seguendo le indicazioni fornite dal romano corrisponde la somma richiesta: i 900 euro vengono caricati su una Poste Pay, intestata ad una persona fittizia.
I soldi non bastano.
Ma come spesso succede nel caso di ricatti sessuali che corrono in rete il pagamento non mette fine a questa storia. Anzi. Le pressioni e le minacce di divulgare quelle immagini hard si fanno sempre più incalzanti e l’asticella fissata dal ricattatore si alza. Per ?salvarsi? il trentino deve pagare 10mila euro. La vittima cerca di resistere, evita di rispondere alle telefonate e ignora i messaggi. Ma il ricattatore non molla e lo contatta schermando anche il numero di telefono per riuscire a parlargli.
A quel punto, sia per l’impossibilità di fare fronte ad una simile richiesta che spaventato per la piega che ha assunto la vicenda, il trentino decide di presentarsi in questura per denunciare l’estorsione.
Il telefono intestato alla madre.
A metà ottobre gli investigatori della squadra mobile raccolgono le dichiarazioni della vittima e, informata l’autorità giudiziaria, nel giro di poco giorni riescono a risalire all’identità del 29enne romano. Partono dal numero di telefono, che risulta intestato ad una donna (la madre dell’arrestato).
Con la collaborazione dei colleghi romani scoprono che la donna vive con il figlio e che, in occasione della denuncia sporta per la perdita della carta d’identità, il 29enne aveva indicato come suo recapito proprio il numero di telefono usato per il ricatto. Scatta così la perquisizione domiciliare, che consente agli investigatori trentini di chiudere il cerchio: vengono sequestrati il telefono cellulare dell’uomo, sul quale vengono trovate le chat “incriminate” e anche la carta Postepay sulla quale la vittima aveva versato i 900 euro. Alla luce di questi elementi scatta la richiesta di misura cautelare domiciliare a carico del romano, che risulta incensurato.