Soccorso alpino, per le divise Alimonta "assolto" dalla Corte non c'è stato danno erariale
La procura regionale della Corte di conti aveva presentato un conto da 148.800 euro agli ex vertici del Soccorso alpino trentino, contestando ad Adriano Alimonta (in foto), al suo vice Ezio Parisi e agli altri cinque delegati di zona, l’acquisto di 1.200 divise di rappresentanza, ritenendo che la scelta fosse stato illegittima.
Ma i giudici contabili, accogliendo in toto l’eccezione sollevata dalla difesa, hanno dichiarato il proprio difetto di giurisdizione. La vicenda dunque non presenta profili di rilevanza contabile, dal momento che l’associazione è un ente di natura privata e dunque anche il suo patrimonio. Eventuali contestazioni rispetto a quell’acquisto di maglie e camicie, pertanto, dovranno essere sottoposte al giudice ordinario.
A questo proposito si deve però ricordare che, accanto alla segnalazione fatta alla Corte dei conti, era stata a suo tempo presentata analoga denuncia alla procura di Trento. Ma l’esposto fatto contro l’allora presidente Adriano Alimonta, difeso dall’avvocato Nicola Stolfi, per l’acquisto delle divise, era stato archiviato.
La bufera giudiziaria era scoppiata nel febbraio 2018. Le indagini della procura regionale, affidate alla Guardia di finanza, erano partite dopo la presentazione di un esposto da parte di un capostazione.
Nel mirino, come detto, l’acquisto, senza gara, di 1.200 divise di rappresentanza dalla ditta Tasci srl, deliberato dal direttivo (con un unico astenuto).
Una scelta che secondo il procuratore regionale Marcovalerio Pozzato, l’ex presidente Alimonta avrebbe di fatto imposto agli altri membri del direttivo e che era stata bollata come «irrazionale e illegittima». Sotto accusa il numero dei capi acquistati, ma anche il fatto che Alimonta sarebbe stato in conflitto di interessi, dal momento che era uno dei testimonial della società Tasci srl, depositaria del marchio Montura. Le divise, costate quasi 150 mila euro, erano state acquistate con un finanziamento straordinario della Provincia di 48.600 euro e fondi del Soccorso alpino. Ma anche queste risorse interne, per l’accusa, avevano una ?natura pubblica?, dal momento che la quasi totalità delle finanze dell’ente provengono dalla Provincia, con la quale c’è una convenzione per lo svolgimento dei compiti di protezione civile. Circostanza sulla quale si fondava l’ipotesi di danno erariale.
Ma i giudici sul punto hanno accolto la tesi della difesa, la quale ha sempre sostenuto che l’ente ha invece una natura privata: lo stesso finanziamento della Provincia, inoltre, utilizzato in modo conforme, era dunque entrato nella disponibilità del patrimonio privato dell’associazione. Per questo, secondo i giudici, eventuali contestazioni rispetto all’acquisto delle divise, andranno mosse al giudice ordinario (l’esposto in procura, però, è stato archiviato).
Ma la battaglia, oltre che in diritto, si era giocata nel merito. Tutti gli acquisti di forniture, aveva evidenziato la difesa, sono stati fatti in modo regolare, rispettando la normativa vigente. L’acquisto delle divise, in particolare, era stato richiesto a voce corale dalle assemblee, deliberato in modo collegiale dal direttivo, «attraverso un iter di formazione democratica della decisione», come sintetizza l’avvocato Stolfi, che partiva dalla base e arrivava fino all’apice.
«Adriano Alimonta ha sempre ribadito di avere operato in modo corretto. Sono molto contento - sottolinea il legale - perché, al di là del contenuto tecnico della sentenza, che è estremamente favorevole, si è ripristinato un senso di legalità e giustizia.
E soprattutto - aggiunge - si è stabilito che il Soccorso alpino trentino ha agito correttamente, nonostante gli attacchi ingiustificati del Soccorso alpino nazionale».