«Case della salute», così la giunta sposa un’idea nazionale di cui non c’è traccia nella riforma approvata tre mesi fa
La Consulta provinciale e i sindacati dei medici non ne sapevano niente: «Bene, ma Segnana ci convochi immediatamente». E Zanella (Futura): «Serviranno molti medici e infermieri in più, dove li trovano?»
TRENTO. La richiesta presentata dalla Provincia al Ministero della Salute per accedere ai fondi del Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza) per realizzare anche in Trentino 11 Case della comunità (ex Case della salute) e 3 Ospedali di comunità, confermata ieri all'Adige dall'assessora provinciale Stefania Segnana, ha colto di sorpresa Renzo Dori, presidente della Consulta della Salute, e Nicola Paoli, rappresentante sindacale dei medici di medicina generale Cisl, perché segna un vero e proprio cambio di rotta nella politica sanitaria della Provincia di cui né l'assessora né l'Azienda sanitaria avevano parlato prima.
E non si capisce quanto questa decisione sia assunta con convinzione o piuttosto per il fatto che il Trentino non vuole rinunciare alle cospicue risorse europee messe a disposizione dal Pnrr. Complessivamente, infatti, la ripartizione dei soldi tra le Regioni vede assegnare alla Provincia 16,3 milioni di euro per le 11 Case della comunità e oltre 8,1 milioni per i 3 Ospedali di comunità e complessivamente per i progetti nel settore sanitario 66 milioni di fondi europei.
Nella riorganizzazione sanitaria approvata dalla giunta provinciale solo a fine agosto, in cui si prevede di dividere il territorio in tre distretti e si introduce il modello di "ospedale policentrico", non si parlava affatto di Case della salute o Case della comunità, che in Trentino, a differenza di altre Regioni, non sono mai nate (salvo il caso abortito di Storo) né si citavano gli Ospedali di comunità (strutture intermedie tra ospedale e ambulatorio).
«Questa novità introduce variazioni sostanziali alla riforma della medicina del territorio in Trentino, direi una rivoluzione rispetto a quanto ci era stato finora annunciato, - esordisce Renzo Dori - ci fa piacere perché finalmente ci si avvicina al modello previsto dal Pnrr, che è quello dei Paesi del Nord Europa. Ma proprio perché di questo cambio di direzione non ci era stato detto nulla, come Consulta della Salute abbiamo chiesto un incontro urgente con l'assessora Segnana e il direttore generale dell'Azienda sanitaria, Antonio Ferro».
«Il modello di riforma previsto dal Pnrr - sottolinea Dori - è molto interessante perché affronta anche il tema della prevenzione e della cronicità legata all'invecchiamento, nonché la modifica sostanziale dell'attuale assistenza domiciliare introducendo l'assistenza di medio livello. La delibera provinciale parla di tre distretti ed è una riorganizzazione completamente sganciata da tutto questo, benché i contenuti del Pnrr fossero già noti ad agosto. Ora è bene che vengano presentati i progetti. L'Azienda sanitaria aveva dato un incarico al professor Trimarchi per ridisegnare la sanità trentina in cui si parlava di 13 distretti e di Case di comunità centrata sulle indicazioni del Pnrr per la medicina del territorio, dove non c'è l'ospedale policentrico, ma il progetto non era stato poi seguito. Vorremmo capire qual è oggi il modello».
L'altro problema è che non si accenna all'organizzazione di queste nuove strutture socio-sanitarie sul territorio - le Case di comunità - e agli Ospedali di comunità, neppure nel nuovo contratto dei medici di medicina generale, che dovrebbe essere firmato proprio domani con l'Azienda sanitaria sui presupposti di una organizzazione diversa, basata su 13 "reti locali territoriali" e su "gruppi integrati" (medici di base, infermieri). Come si concilieranno i due modelli?
Nicola Paoli mette subito le mani avanti: «Firmiamo il contratto con l'impegno che si apra subito la trattativa sulle Case di comunità, altrimenti si rischia di fare grande confusione».
«Ci sono altre Regioni come l'Emilia Romagna e la Lombardia - aggiunge Paoli - che hanno già fatto le norme e gli accordi con i medici di medicina generale per le Case di comunità. In Trentino abbiamo avuto solo una Casa della salute a Storo dopo la legge del 2007, quando c'era l'assessore Andreolli, ma è stata chiusa. Oggi va chiarito come si pensa di organizzarle: non basta fare annunci per prendere i soldi del Pnrr e poi rimangono solo i muri».
I "gruppi integrati" previsti dall'Azienda sanitaria trentina e sui quali c'è l'intesa dei medici di base sono costituiti da medici liberi professionisti e infermieri libero professionisti non dipendenti dell'Azienda. Il Pnrr prevede che nelle Case della comunità operi un team multidisciplinare di medici di medicina generale, pediatri, specialisti infermieri di comunità e altre figure professionali. Si stabilisce anche il numero. Ma questi come saranno inquadrati? Non è chiaro.
«È già tanto se potremo a breve brindare alla medicina di prossimità con i gruppi integrati della medicina generale vicini alle nostre popolazioni di valle - aggiunge critico Paoli - e ad un Dipartimento di prevenzione e delle cure Primarie degno di questo nome in ogni Distretto, piuttosto che ad accentramenti ulteriori di professionisti come nell'unica Casa della salute della Legge Turco, che venne abortita nel giro di un anno in Giudicarie o delle Aft (aggregazione funzionale territoriale) ad oggi stoppate. Ricordando a tutti che la maggior parte dei nostri trentini abitano in comuni e piccoli centri che rischiano di essere tagliati fuori da queste Case. Se i pochi attuali medici di base fossero chiamati a gestire i pazienti dei nostri studi di valle e contemporaneamente prestare servizio all'interno delle Case di Comunità, il sistema non reggerebbe, andando a discapito dei cittadini».
«Come Cisl medici, sindacato di maggioranza assoluta di categoria in Trentino, - conclude - siamo pronti ad approvare e concordare con Azienda sanitaria e Provincia i nuovi modelli che ci sono stati proposti e che la nostra base ha accettato: le reti professionali locali e i gruppi integrati della medicina generale». I medici di base vogliono capire, dunque, prima di firmare il nuovo contratto, cosa il Pnrr e i suoi soldi potranno «cambiare, rafforzare e ripensare nell'assistenza territoriale».
Zanella (Futura): bene, ma serviranno molti più medici e infermieri.
«Bene che anche in Trentino arrivino le Case della salute e gli Ospedali di comunità. Questi ultimi - senza presidi dedicati - avevano già preso un parziale avvio con l'istituzione delle cure intermedie, ponte tra ospedale e territorio». Lo dichiara il consigliere provinciale Paolo Zanella (Futura) alla luce della richiesta della Provincia di accedere ai fondi del Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza) per finanziarli. «Da tempo - prosegue Zanella - sosteniamo - e lo ho ribadito in Consiglio provinciale più volte, anche parlando di Spazio Argento - la necessità di potenziare il territorio con strutture come le Case della comunità (o della salute) che in altre regioni ci sono già e che integrano e rendono facilmente accessibile alla cittadinanza i servizi sanitari e sociali. Dove trovano spazio la medicina di base e gli infermieri di comunità, la cure primarie, i consultori, i servizi di salute mentale, la medicina ambulatoriale specialistica e i servizi sociali. Così come sosteniamo da tempo la necessità di posti di cure intermedie - coerenti con le funzioni degli Ospedali di comunità - anche negli ospedali di valle, per gestire la fase post acuta e preparare le dimissioni raccordandosi coi servizi domiciliari, ma anche per accogliere dal territorio pazienti cronici con minime riacutizzazione che non si riescono a gestire a casa, senza ricorrere a ricoveri impropri in ospedali per acuti».
Il consigliere provinciale di Futura è preoccupato però per la carenza di personale sanitario: «C'è però un problema enorme che mina questa riorganizzazione e che è sotto gli occhi di tutti: potenziare la rete di assistenza territoriale necessita di molto personale, che ad oggi non c'è. Ecco perché gli sforzi dovrebbero essere tutti rivolti nella direzione di recuperarne e formarne in tempi brevi». «Per recuperare personale - secondo Zanella - non si può che rivedere l'attuale organizzazione per rendere più efficienti quei servizi dove mancano specialisti, a partire dai punti nascita e dai reparti di psichiatria, facendo un patto chiaro con la cittadinanza che metta al centro l'appropriatezza dei servizi per acuti, al fine di poter migliorare quelli di prossimità. Sul fronte della formazione, bene le borse di studio in più per le specialità, ma serve accelerare la clinicizzazione dell'ospedale per partire con le Scuole di specialità dell'Università di Trento, senza attendere ancora quattro anni che si laureino i primi studenti della Scuola di Medicina. Inoltre servirebbero vincoli maggiori di permanenza sul territorio per chi accede alle borse di specialità provinciali. Vanno poi assegnati in tempi brevi spazi adeguati e personale per la formazione delle professioni sanitarie - in primis gli infermieri - che oggi, con il necessario aumento dei numeri ingresso previsto e probabilmente da calibrare ulteriormente al rialzo, al Cte risultano insufficienti».