Il laboratorio per i tamponi di Macinati a Trento era abusivo, e un collaboratore usava la sua password per il sistema delle certificazioni
Continuano le indagini sui «test falsamente positivi», che i clienti no-vax pagavano mille euro l’uno in contanti per ottenere una finta malattia, da cui «guarire» e avere il green pass
TRENTO. Aperta per far fronte ad una incessante richiesta di test nasali, la sede di Trento del Centro tamponi gestito da Gabrielle Macinati è stata operativa solo per pochi giorni. L’attività nei locali al piano terra di un condominio di via Senesi è partita domenica 16 gennaio ed è cessata lunedì 24 dopo la perquisizione dei carabinieri della sezione di polizia giudiziaria della procura e degli uomini della guardia di finanza.
L’intervento degli inquirenti, alle 7 del mattino e nel pieno dell’attività di prelievo, era avvenuto pressoché in contemporanea anche nei locali del centro sportivo di Pergine, dove da metà ottobre l’infermiere 46enne di Civezzano effettuava il servizio di test nasali con numeri da capogiro sia di clienti che di denaro. I guadagni sarebbero riconducibili - come viene contestato dalla procura di Trento - anche a falsi test rapidi «con risultato negativo o positivo in base alle esigenze e richieste dei clienti», per poter ottenere il greenpass.
Sarebbe stato lo stesso professionista, proprio con l’apertura di un secondo punto prelievi, a fare il passo falso che ha avuto come conseguenza lo stop dell’attività. Gli investigatori stavano già chiudendo il cerchio sull’inchiesta dei tamponi facili, ma dell’anomalia che ha portato ad un’accelerazione dell’indagine si era accorta pure l’Azienda sanitaria provinciale: Macinati senza alcuna comunicazione, né richiesta di autorizzazione stava utilizzando le stesse credenziali per inserire i dati dei tamponi sia a Pergine che a Trento.
La password per accedere alla piattaforma dell’Azienda sanitaria provinciale collegata con il Ministero l’aveva solo lui, impegnato al Centro tamponi di Pergine con due collaboratori. Evidentemente aveva prestato illecitamente le sue credenziali ad un altro collaboratore (infermiere di professione e indagato) per effettuare i prelievi a Trento. Nei locali del capoluogo era presente anche la moglie di Macinati, pure denunciata.
Gli investigatori hanno proceduto al sequestro della password, disattivando l’inserimento dei risultati dei test sulla piattaforma e dunque mettendo fine all’operatività degli ambulatori.
Quello allestito in via Senesi era a tutti gli effetti un centro abusivo, dato che non aveva ricevuto alcuna autorizzazione o password per operare da parte l’Azienda sanitaria provinciale. Tra l’altro, come specifica l’Apss, non esistono strutture accreditate per effettuare i test nasali, ma si deve parlare di abilitazione. Abilitazione che può essere chiesta da farmacie, da medici di medicina generale, da laboratori e da liberi professionisti. E non occorre neppure aprire una sorta di ambulatorio, come aveva fatto Macinati: ci sono infermieri che vanno a domicilio.
A Pergine, sia per il prezzo vantaggioso, sia per la comodità degli orari, erano in tanti a rivolgersi al Centro prelievi in località Costa. Il lavoro non mancava, ma i numeri non tornavano: c’era uno scarto di 50-100 persone al giorno fra i clienti “reali” contati dagli investigatori (dai 400 ai 500) ed i circa 600 nominativi che quotidianamente Macinati ed i suoi collaboratori inserivano nella piattaforma informatica Smartlab dell’Apss collegata con il programma del Ministero. Per i carabinieri della pg della procura e per la guardia di finanza, quei 50-100 nominativi in più apparterrebbero a soggetti che avrebbero ottenuto il greenpass (o l’esito del tampone negativo, a seconda delle richieste) senza sottoporsi al test nasale.
Nel corso della perquisizione degli ambulatori di Pergine e Trento, delle abitazioni e delle vetture dei cinque indagati (Macinati, la moglie e tre collaboratori) sono stati sequestrati 120mila euro in banconote di taglio elevato. In una busta c’erano mille euro in banconote da 100: l’aveva consegnata nella mani dell’infermiere una persona che pur non essendo stata sottoposta a tampone era risultata positiva al Covid. Le accuse per i cinque indagati sono di associazione a delinquere, corruzione, falso e accesso abusivo ai sistemi informatici.
Le verifiche degli inquirenti ora si concentrano sui clienti, su quei soggetti che si rivolgeva al Centro tamponi per “scegliere” il risultato del test. Non c’è nulla da temere per la maggior parte di persone che in buona fede si sono affidate al centro, senza chiedere “favori” e senza versare supplementi di prezzo: sul libro mastro sequestrato a Macinati gli inquirenti stanno cercando i nomi dei clienti “speciali”, pronti a sborsare migliaia di euro in contanti pur di aggirare l’obbligo di vaccinazione anti Covid, e che dovranno rispondere di corruzione e di induzione al falso.