Nuovo liceo del "made in Italy": cinque scuole trentine ci pensano, ma con tanti dubbi
A Trento, Cles, Mezzolombardo e Rovereto le ipotesi di nuovi corsi. Ma in provincia slitta tutto di un anno e dalle famiglie neanche una richiesta di informazione
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TRENTO. Marie Curie (Pergine), Russell (Cles), Filzi (Rovereto), Martini (Mezzolombardo), Rosmini (Trento): saranno questi i protagonisti della rivoluzione. Il liceo made in Italy dai licei delle scienze umane partirà, anche se non immediatamente: in Trentino a differenza che nel resto d'Italia si aspetterà l'anno scolastico 2025 - 2026, per fare le cose seriamente.
Alle famiglie va presentato il progetto quando c'è un piano studi definito e al momento manca tutto il triennio e, senza quello, gli istituti della Provincia hanno preferito aspettare che ci fosse un po' di chiarezza in più prima di superare il collaudato indirizzo di liceo economico e sociale. Risultato: in Trentino si procede per gradi.
La giunta provinciale - e in particolare l'assessora all'istruzione e vicepresidente Francesca Gerosa - ha indicato la strada per arrivare, a settembre 2025, al primo anno del nuovo indirizzo. E il percorso parte dall'ascolto delle cinque scuole potenzialmente coinvolte - non è chiaro se saranno obbligate a diventare liceo del made in Italy rinunciando all'indirizzo economico sociale o se i singoli istituti potranno fare scelte autonome - e da un tavolo di lavoro con i rispettivi dirigenti scolastici.
Il piano di studi per il biennio ricalca quello del liceo economico sociale con poche differenze: l'eliminazione delle scienze sociali per avere l'insegnamento di storia dell'arte e diritto ed economia che diventano due materie autonome.
Quanto al triennio, il piano di studi sarà disponibile dal ministero non prima del prossimo aprile. Le scuole non sembrano chiuse alla novità, ma qualche perplessità ce l'hanno: le lingue straniere, per esempio, che rischiano di avere meno spazio nella nuova proposta di quanto non ci sia nell'attuale corso di studi.
E poi l'accento posto sul percorso di studi professionalizzante, che sembra poco adatto ad un liceo. Ma se ci sono evidenti perplessità, resta un'apertura di fondo per il metodo messo in campo e per la speranza che si possa trovare una via "trentina" per rendere la proposta più a misura delle esigenze del territorio. Perché al netto delle polemiche politiche - che non sono mancate - qui si tratta di trovare soluzioni concrete. E su questo terreno le scuole già si stanno interrogando, non senza timori.
«Abbiamo fatto qualche riflessione cautelativa, al momento. Quel che c'è da capire è l'impatto innanzi tutto sul piano dell'offerta formativa, che era ottima, ben strutturata e validata da anni di successi. Senza contare che noi in particolare abbiamo il problema del serale - osserva la dirigente del Rosmini di Trento Patrizia Visconti - Anche se il ministero ha dato indicazioni di preservare l'organico, c'è tanta preoccupazione tra i docenti, con cui avrò un incontro sul tema a breve. Le perplessità al momento riguardano alcuni aspetti. Abbiamo per ora solo il piano di studi del biennio, dove le lingue risultano un po' depotenziate, rispetto a quanto si fa adesso. Inoltre noi siamo un liceo delle scienze umane, con i due percorsi: quello delle scienze umane, più classico e quello economico sociale. Ma siamo un liceo. Tutto quello che è stato messo in questo nuovo percorso di studi, l'accento sul percorso professionalizzante, mi sembra sia più simile all'istituto tecnologico. Il fatto però che sembra ci sia una grande disponibilità all'ascolto ci fa essere più fiduciosi».
Fiducia, soprattutto, che attraverso il tavolo di lavoro e grazie all'autonomia scolastica, si possa trovare una via più trentina per mettere a terra le indicazioni del ministero: «Io la trovo una bella sfida, un buon rinnovamento, ma il liceo economico e sociale deve mantenere la precipuità delle scienze umane, il profilo antropologico, artistico e di diritto va mantenuto - osserva la dirigente Teresa Periti del liceo Russel di Cles - e non c'è dubbio che il percorso professionalizzante è da valutare bene, ma si parla della creazione di una fondazione, per immaginare l'alternanza scuola lavoro, che tra l'altro permette di rilevare i bisogni del territorio. L'importante è che ci sia la volontà di costruire un percorso che abbia caratteristiche liceali, di indirizzo e territoriale».
I tempi un po' meno compressi rassicurano anche Manuela Broz, dirigente del liceo Filzi di Rovereto: «C'era stato il disegno di legge, poi sembrava tutto bloccato, poi c'è stata l'accelerata improvvisa a dicembre. Ma era infattibile partire il prossimo anno, non c'è nemmeno il piano studi del triennio, manca il profilo d'uscita, dire che il progetto è ancora parziale è poco. Ora inizierà una riflessione sia dentro le singole scuole che a livello politico».
Tanto più, che fretta non ce n'è: al momento nessuna famiglia ha chiesto nemmeno informazioni sul liceo made in Italy, segno che l'utenza non ha esattamente un'urgenza di nuovo corso. C'è tempo per pensare un percorso coerente che superi le contraddizioni che anche la dirigente Broz evidenzia: «Rimane il tema delle lingue straniere, che verrebbero depotenziate e il fatto che vengono tolte le scienze umane, che in un liceo delle scienze umane è difficile da capire». Ma l'autonomia scolastica del Trentino potrebbe offrire margini di manovra: «È utile iniziare a ragionare» conclude Broz.