Giustizia / Il caso

Latte Trento, legittimo il licenziamento della dipendente già condannata per un ammanco

Quattro anni di cause, in sede penale e davanti al giudice del lavoro. Alla fine l'azienda ha vinto su tutti i fronti la battaglia legale contro una lavoratrice infedele. In sede penale la donna era già stata condannata per gli oltre 15 mila euro che secondo l'accusa aveva sottratto mentre lavorava come addetta alla vendita. Ora è arrivata anche la sentenza della Corte d'Appello che ha rovesciato la decisione di primo grado e ha accolto il ricorso dell'impresa

TRENTO. Quattro anni di cause, in sede penale e davanti al giudice del lavoro. Alla fine Latte Trento ha vinto la sua battaglia legale contro una dipendente infedele su tutti i fronti.

In sede penale la donna era già stata condannata a 6 mesi e al pagamento di 600 euro di multa, oltre che al risarcimento di parte degli oltre 15 mila euro che - secondo l'accusa - aveva sottratto mentre lavorava come addetta alla vendita nel negozio di Lavis.

Ora è arrivata anche la sentenza della Corte d'Appello in merito al licenziamento. Sentenza che ha rovesciato la decisione di primo grado del giudice del lavoro e accolto il ricorso della Latte Trento, presenta«Un atto di giustizia», è il commento del presidente di Latte Trento Sergio Paoli. to dall'avvocato Ivan Alberti. Quel licenziamento, giudicato inizialmente illegittimo, è stato invece ritenuto legittimo. La donna era stata licenziata e allontanata dal posto di lavoro dopo che la società aveva scoperto una serie di ammanchi.

I fatti contestati risalgono al 2018, quando la dipendente era impiegata nel punto vendita di Lavis (in precedenza era impiegata in un punto vendita della Valsugana).

Proprio quell'anno, in quel punto vendita, l'azienda aveva cominciato a lamentare un anomalo e inspiegabile crollo del fatturato. Eppure i clienti non mancavano e i prodotti sugli scaffali diminuivano. I conti, in poche parole, cominciavano a non quadrare più. Questo perché, stando all'accusa, la lavoratrice avrebbe falsificato gli scontrini fiscali emettendone quasi la metà con un importo pari a 0 e di fatto dimezzando gli incassi. Stando a quanto emerso dalle indagini con questo trucco la dipendente era riuscita a sottrarre migliaia di euro in pochi mesi. In primo grado, sia in sede civile che davanti al giudice del lavoro, però, la Latte Trento aveva perso la sua battaglia tanto che la donna, rimasta a casa dal lavoro per oltre un anno, aveva potuto tornare in servizio (anche se nel settore della produzione) ricevendo anche il pagamento dei 12 mesi in cui era rimasta a casa.

Sul piano penale Ia lavoratrice era stata assolta in primo grado per la «tardività della querela», in quanto - secondo il giudice - Latte Trento sarebbe stata a conoscenza della cosa da tempo. Fatto contestato dalla difesa. La decisione di primo grado, impugnata sia dalla procura che dalla parte civile, è quindi stata rovesciata dalla Corte d'Appello del capoluogo e quest'ultima confermata anche dalla cassazione.

Proprio sulla base di questa decisione a favore della società anche l'appello contro la sentenza del giudice del lavoro ha visto uscire sconfitta la donna, una sessantenne che da tanti anni lavorava per la Latte Trento, ma che ieri non è più dipendente della società.

«Un atto di giustizia», è il commento del presidente di Latte Trento Sergio Paoli. Ora, oltre che senza lavoro, la commessa infedele dovrà anche pagare le spese legali che per quanto riguarda il procedimento relativo al suo licenziamento ammontano a oltre 5 mila euro. Latte Trento è un consorzio cooperativo che nel 2023 ha fatturato 65 milioni. Ha 140 dipendenti e 180 soci conferitori.

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