Civezzano / Sanità

Punto nascita abusivo: tutto alla luce del sole, stupore per l’intervento del Nas

Le reazioni della gente di Garzano di Civezzano. Se l'inchiesta dei militari del Nas ha evidenziato come parte dell'attività dell'associazione fosse priva delle necessarie autorizzazioni, una cosa è certa: per 5 anni nessuno ha avuto nulla da ridire, dato che fin dall'inaugurazione tutto avveniva non certo clandestinamente

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CIVEZZANO. Dei parti, sapevano più o meno tutti. A Garzano e non solo. Non c'era nulla né di misterioso né che apparisse opaco, fino alla comparsa dei sigilli, apposti dai militari del Nas. «Un parto non è certo un qualcosa di silenzioso, si sentivano le grida. Ma non c'era nulla di strano, l'attività della struttura era nota e pubblicizzata», spiegano alcuni dei vicini. Anche fuori dal paese, più in generale, la struttura era nota come quella delle "mamme di Garzano".

Trasparenza e visibilità assolute, per capirci. Dalla fine del 2019, quando la struttura è stata inaugurata. Cinque anni. E nella frazione di Civezzano, infatti, sabato 21 settembre lo stupore è arrivato per i sigilli sulla porta della "Via di casa", non certo per le nascite in sé.

Se l'inchiesta dei militari del Nas ha evidenziato come parte dell'attività dell'associazione fosse priva delle necessarie autorizzazioni, una cosa è certa: per cinque anni nessuno ha avuto nulla da ridire, dato che fin dall'inaugurazione tutto avveniva non certo clandestinamente.

«Certo che si sapeva. Si sentivano le partorienti. Non era certo un'attività fatta di nascosto», spiegano meravigliati in paese, tra le belle case storiche delle vie della frazione di Civezzano. Dove nessuno immaginava fosse cosa non consentita, avendolo scoperto solo dopo l'apposizione della comunicazione di sequestro sul portone d'ingresso della sede dell'associazione.

La possibilità di partorire lì, tra quelle mura, dunque, era nota. E il motivo è semplice e, se vogliamo, clamoroso guardando al fatto che è servito un lustro per rilevare irregolarità: il tutto era pubblicizzato, non con passaparola a mezza voce tra gruppi di donne o genitori intenzionati a far nascere i figli in contesti extraospedalieri, ma alla luce del sole, tramite sito e social dell'associazione, dove tra le attività offerte dalla Casa maternità figurano infatti anche il «sostegno e accompagnamento alla genitorialità, fin dal preconcepimento, assistenza ostetrica alla gravidanza, travaglio, parto e puerperio a domicilio e in Casa maternità, accompagnamento al parto in ospedale, supporto all'allattamento e all'esogestazione (i 9 mesi dopo il parto)».

I residenti spiegano anche che più di una volta hanno visto transitare ambulanze davanti all'ingresso, per accompagnare in ospedale donne seguite dal personale della Casa maternità bisognose di accertamenti.

«Ci siamo sempre trovati bene e questa improvvisa novità ci lascia perplessi», spiegano alcuni genitori che a Garzano vivono e che si erano rivolti alla struttura non per il parto ma per uno dei tanti corsi organizzati (e sui quali non pare vi sia ombra di illegittimità o irregolarità, è bene specificarlo) dall'associazione.

Da parte loro, le professioniste che gestiscono la Casa maternità hanno preferito affidarsi ad un legale, non andando oltre un post sui social in cui contestano il sequestro di cui è stata oggetto la struttura: «La Casa maternità è stata sottoposta a sequestro dall'Autorità giudiziaria sul presupposto per cui l'attività del parto non possa essere effettuata in ambiente extraospedaliero in casa maternità. Detto assunto, già di per sé discutibile (visto che la provincia garantisce un rimborso per il parto a domicilio), viene desunto dalla circostanza per cui all'interno dell'ordinamento regionale non esiste una norma che espressamente autorizzi il personale sanitario (pur appositamente specializzato) all'esercizio di tale attività. Ciò al contrario di quanto avviene in altre regioni italiane in cui la possibilità di effettuare i parti all'interno di case maternità al di fuori dell'ambiente ospedaliero è, non solo consentito ma anche proposto come alternativa possibile a tutte le donne a basso rischio. Ci troviamo a subire il pregiudizio di una evidente incertezza normativa e, pertanto, cercheremo un'interlocuzione con l'Autorità giudiziaria al fine di continuare a fornire un servizio pacificamente erogato nella maggior parte delle altre Regioni italiane».

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