Vinitaly: operatori da 140 Paesi e 44 aziende trentine presenti, con l'incubo dei dazi. Parla il direttore di Cavit
Enrico Zanoni, molto interessato al tema per la grande fetta di prodotti esportato negli Usa, da parte del gruppo, in una breve dichiarazione afferma: “Ne prendiamo atto, noi abbiamo già iniziato ad elaborare una serie di possibili scenari, che puntano a differenziare le strategie sui vari prodotti. Per alcuni vini saranno i consumatori americani a pagare la differenza, per altri stiamo vedendo come sarà possibile intervenire”
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VERONA. Promozione, internazionalizzazione ma pure nuove frontiere come i no alcol, i row wine, ovvero i vini naturali, organici e biodinamici, ma anche tourism. Apre a Veronafiere, dal 6 al 9 aprile, la 57/a edizione del Vinitaly, con circa 4.000 aziende e un quartiere espositivo al completo.
Nei 18 padiglioni della manifestazione (tra fissi e tendostrutture), sono attesi operatori dall'Italia e da 140 nazioni. In particolare, si punta a confermare il contingente di 30mila buyer della domanda internazionale, Stati Uniti compresi, per quella che è la più grande 'agenda business' del made in Italy enologico.
La kermesse è stata presentata a Roma. "In questi ultimi anni abbiamo lavorato intensamente con le istituzioni, ministeri, ambasciate, Ice e camere di commercio internazionali - ha detto il presidente di Veronafiere, Federico Bricolo - per ampliare la promozione a supporto della competitività del settore. Oggi Vinitaly rappresenta l'aggregatore naturale del vino italiano sui principali mercati target".
"Sono 1.200 i top buyer accreditati e ospitati a Verona - ha annunciato il direttore generale, Adolfo Rebughini - una selezione profilata da 71 Paesi, sei in più rispetto all'anno scorso. Un risultato non scontato visto il perdurare delle tensioni geopolitiche". Tra le delegazioni più numerose dell'area extra Ue, in pole position Usa e Canada, seguite da Cina, UK, Brasile ma anche India, Singapore, Giappone e Corea del Sud. Per il Continente europeo, primeggiano Germania, Svizzera, Nord Europa e l'area balcanica.
Il direttore generale di Cavit, Enrico Zanoni, molto interessato al tema per la grande fetta di prodotti esportato negli USA, da parte del gruppo in una breve dichiarazione afferma: “Ne prendiamo atto, noi abbiamo già iniziato ad elaborare una serie di possibili scenari, che puntano a differenziare le strategie sui vari prodotti. Per alcuni vini saranno i consumatori americani a pagare la differenza, per altri stiamo vedendo come sarà possibile intervenire”
Il fatturato del settore vino in Italia vale 14,5 miliardi che raddoppiano con l'indotto e un impatto diretto e indiretto di 45,2 miliardi di euro pari all'1,1% sul Pil e una bilancia commerciale con l'estero di 7,5 miliardi.