La denuncia di Dasa Drndic: «In Austria e nei Balcani denazificazione solo parziale»
«In tanti Paesi il processo di denazificazione non è avvenuto. Alcune società tali problemi li hanno nascosti sotto il tappeto. La Germania è un buon esempio, invece, e tutto è cominciato dal governo e ha comportato molti scontri, anche al Bundestag. In Austria questo processo non si è fatto fino in fondo, così come nei Balcani. E quanto tempo si è impiegato in Sud Africa» per l’apartheid? Dunque resta molto ancora da fare, ma questo non è il ruolo della letteratura che «non può fermare» le guerre e le carneficine.
Ne è convinta la scrittrice croata Dasa Drndic, a Trieste per presentare, dei tredici che ha scritto, il suo primo e unico libro pubblicato in Italia, «Trieste» (Bompiani, 520 pagine, euro 19).
Il libro (tradotto da Ljiljana Avirovi?è) racconta la storia della famiglia Tedeschi di Gorizia, ebrea convertita al cattolicesimo e con componenti che aderirono al fascismo e alla Repubblica di Salò.
Nel volume, che l’autrice definisce «romanzo documentaristico», la storia inventata (che prende spunto da una vicenda reale) si interseca continuamente con la realtà. Quando la giovane e carina Haya si innamora lo fa di un bell’ufficiale delle SS realmente esistito, Kurt Franz, ignorandone peraltro le caratteristiche di carnefice e responsabile del campo di Treblinka. Quando la coppia ha un figlio, Antonio, questo viene rapito, destinato al reale programma di eugenetica Lebensborn.
Haya lo ritroverà dopo 62 anni di ricerche. Il libro è poi continuamente corredato di atti processuali, foto dei protagonisti (reali), tabelle ferroviarie e perfino l’elenco dei 9.000 ebrei italiani deportati o uccisi (50 pagine).
«La letteratura può rendere consapevoli i lettori di un libro ma non ha utilità nel fermare i massacri», insiste l’autrice di Trieste, pubblicato in vari Paesi, Stati Uniti compresi. Lei conosce bene la devastazione della guerra: «Mio zio è stato uno dei firmatari degli accordi di Osimo; lui e mio padre facevano parte del movimento dei partigiani croati, combatterono il nazismo insieme con le brigate italiane in Istria».
Haya, la protagonista, è una giovane che, folgorata dall’amore, non si accorge del genocidio che avviene intorno. La neutralità, quelle persone che lei chiama ‘bystanders’ è già una colpa? «Una colpa no - risponde Drndic - ma responsabilità sì.
La colpa è dei carnefici, la responsabilità ce l’abbiamo tutti, anche noi contemporanei».
Non mi sembra ci sia banalità del male nel romanzo. «No infatti, non c’è nel libro il concetto della Arendt. Si tratta di un concetto utilizzato spesso fuori contesto».
«Trieste» è stato pubblicato la prima volta in Croazia, nel 2007, con un titolo in tedesco, «Sonnenschein» (sole splendente).
Francesco De Filippo