«Le donne due volte vittime della violenza»: a Trento la serata sul libro "No, non avere paura"
Presentato al teatro San Marco il volume disponibile anche in abbinamento con l'Adige: una raccolta di voci e di stili il cui ricavato sarà interamente devoluto al Centro antiviolenza del capoluogo
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TRENTO. «No, non avere paura». Un libro di racconti, saggi, immagini, canzoni, poesie. Il tema: la battaglia contro la violenza sulle donne. Un coro a più voci: trentatré, per l’esattezza. Persone della cultura e della società civile trentina, e anche da fuori provincia.
Sono gli autori di questa iniziativa che vede il ricavato del libro interamente devoluto al Centro antiviolenza di Trento, nato quasi vent’anni fa.
Il libro, in vendita nelle librerie, online e anche in edicola, in abbinamento all’Adige (a 12 euro), è nato da un’idea di Loreta Failoni e Gabriele Biancardi.
Ha subito avuto l’appoggio concreto del Comune di Trento, dell’Apt del capoluogo e dell’associazione Round Table Rovereto.
Ieri sera, 25 novembre, Giornata contro la violenza sulle donne, al Teatro San Marco le attrici Maura Pettorruso e Alessandra Limetti hanno letto alcuni brani.
Prima, un dibattito sulla violenza di genere, moderato dal direttore dell’Adige, Alberto Faustini.
«C’è ancora un enorme problema culturale nel nostro paese», ha esordito Faustini introducendo la serata con una citazione affilata di Isaac Asimov: «La violenza è l’ultimo rifugio degli incapaci». Violenze visibili, deflagranti, ma anche distillate con cattiveria, piccole ma non per questo meno feroci.
«Non esiste mai un “ma” quando una donna subisce qualsiasi tipo di violenza. Spesso si cercano le ragioni. Non ci sono. Si tratta solo di mancanza di rispetto» ha detto l’assessora comunale Elisabetta Bozzarelli. Alibi, spiegazionismo, giustificazioni sociali o personali: tutte cause di una seconda violenza subìta, per le donne vittima di violenza da parte di un uomo.
«Si chiama vittimizzazione secondaria – ha spiegato Barbara Bastarelli, responsabile del Centro antiviolenza di Trento – e le donne sono costrette a sopravvivere alla prima violenza e anche a quella del sistema, che cerca di giustificare o capire il maltrattante». Bastarelli non è affatto ottimista: «Al di là delle serate, degli eventi, la nostra società in questi ultimi 10-15 anni ha fatto dei passi indietro. Prima era più facile accompagnare una donna in un percorso di separazione da un uomo violento. Oggi le stesse istituzioni che dovrebbero applicare l’articolo 13 della Convenzione di Istanbul cadono nell’errore di far sentire la vittima tale una seconda volta».
La cultura che dovrebbe portare a una diminuzione, almeno, delle violenze agite contro le donne, purtroppo, non decolla: «Vediamo sempre più ragazze giovani venire da noi. Eppure siamo nel 2021. La socializzazione maschi-femmine dovrebbe aver fatto passi da gigante. Invece è ancora forte il senso del possesso nei confronti della donna, la gelosia, la tendenza e offenderle, anche con le parole, che sono importanti. Il cambiamento è molto lontano, finché ci sarà chi si offende se diciamo assessora invece di assessore».
E Barbara Poggio, sociologa, esperta di politiche di parità di genere e di equità, non ha nascosto un grande cruccio: «I percorsi nelle scuole sulla relazione di genere erano fondamentali. Averli tolti è stato un passo indietro. Non parlare di questo tema non è un’azione neutra: significa implicitamente far accettare i modelli esistenti, spesso sbagliati».