"Ursus anatomia di un rito", oggi a Villazzano in prima nazionale
In scena la compagnia veneta Notte dell'orso, la regista Laura Venturini: mi hanno raccontato le storie di alcuni orsi, diventati personaggi veri e propri, abbiamo preso le loro storie come metafore
TRENTO. Raccontare l’esplorazione di sé attraverso la narrazione rituale e la sua efficacia simbolica, cui fa da guida e totem l’orso. Questo l'obiettivo di “Ursus – anatomia di un rito” l'opera teatrale che debutterà in prima nazionale domani alle 20. 45 al Teatro di Villazzano.
Uno spettacolo presentato alla Bookique dalla regista Laura Venturini accanto alla vicepresidente della Sat Elena Guella. Un’opera che parte da lontano: motore e fulcro di un percorso fatto di racconti frammentati, danze primitive accennate e mutamenti dall’interno all’esterno del corpo dei partecipanti è la figura dell’orso che esce dal “Sogno di Tatjana”, frammento del romanzo in versi “Eugenio Oneghin” di Aleksandr Puškin. Da qui si snoda l’intero progetto “Chi ha paura dell’Orso?” nato nel 2020 dalla compagnia di teatro contemporaneo veneta Notte dell’Orso, con il contributo di Fondazione Caritro e il sostegno della Sat.
A questo spettacolo hanno lavorato anche Giulia Maria Zucchetta e Carlo Emilio Tortarolo come consulenti artistici mentre le musiche sono state scritte da Giovanni Dinello. Curiosa la scelta di dare agli attori protagonisti nomi legati all’immaginario di importanti orsi che hanno popolato o continuano a muoversi nel territorio trentino: Dani (che fa riferimento a Daniza) Martina Sosio; Joze,Vittorio Tommasi; Irma, Asja Skatchinski; Lorenzo, Alvise Gioli; Vida, Isabella Sponchiado.
“Proprio Elena Guella – ha spiegato Laura Venturini – mi ha raccontato le storie di alcuni orsi, diventati personaggi veri e propri che giravano nei boschi e questo ci ha fatto capire che non si può parlare di orsi al collettivo ma bisogna parlare dell’orso singolo. Quindi abbiamo scelto questi nomi e li abbiamo fatti diventare personaggi umani prendendo la storia di questi orsi come una metafora. Fa effetto vedere che sono nomi di persone dati agli orsi in fase di cattura che poi tornano umani grazie allo spettacolo”.
Fra questi c’è la dolce Irma come ha sottolineato la regista: “Che appena arrivata in Trentino ha avuto la sfortuna di finire sotto una valanga. Una storia triste la sua che nel nostro spettacolo è diventata un personaggio molto dolce ma che non ha occasione di vivere perchè finisce in una valanga di neve mentale, uno spazio bianco che la protegge ma che non le permette di vivere. Dani invece si lega al fuoco perchè ha degli scoppi d'ira, dei momenti molto irruenti e più di tutti tiene a questo rituale: lei un po’ la mamma di questo gruppo e ha una specie di dolore interno oltre che esterno nel momento in cui questo rito viene spezzato”.
Per quanto riguarda le musiche Giovanni Dinello ha lavorato molto sulle percussioni ricalcando quello che avviene nella danza in scena e soprattutto nella parte finale legato alle danze sciamaniche prendendo i suoni dalla natura e distorcendoli per renderli a tratti anche inquietanti.