Articolo 18, la prima sentenza sollevata dal Tribunale di Trento
«L’articolo 18» supera il vaglio di costituzionalità quanto alla natura «risarcitoria» dell’indennità dovuta dall’azienda che si rifiuti di eseguire l’ordine provvisorio di riammissione in servizio del dipendente licenziato. Indennità che va quindi restituita in caso di successiva riforma del provvedimento.
Tuttavia, il datore di lavoro che non esegue l’ordine di reintegrazione provvisoriamente esecutivo, perchè preferisce «scommettere» sulla sua successiva riforma, può essere messo in mora dal dipendente e andare incontro al risarcimento del danno per la mancata reintegrazione, da quando è stato emesso l’ordine a quando è stato riformato. La puntualizzazione è contenuta nella prima sentenza sul Jobs Act della Corte costituzionale.
Relatore della sentenza depositata oggi, la n. 86, il giudice Mario Morelli. A sollevare la questione di costituzionalità in riferimento all’art. 3 della Costituzione era stato il Tribunale di Trento.
Nella sentenza si legge che «la concreta attuazione dell’ordine di reintegrazione non può prescindere dalla collaborazione del datore di lavoro». Tuttavia, l’inadempimento del datore di lavoro configura un «illecito istantaneo ad effetti permanenti», da cui deriva un «obbligo di risarcire il danno da parte del datore nei confronti del dipendente non reintegrato. La norma denunciata, quindi, non è irragionevole ma «coerente al contesto della fattispecie disciplinata perchè - spiega la Corte - l’indennità è collegata a una condottasscontra iusssdel datore di lavoro e non a una prestazione di attività lavorativa da parte del dipendente».
Di qui la natura risarcitoria (e non retributiva) dell’indennità, e l’obbligo del lavoratore di restituirla qualora l’ordine di reintegrazione venga riformato.
La Corte, però, ha aggiunto che «scommettere» sulla riforma dell’ordine di reintegrazione - senza eseguirlo - può essere fonte di risarcimento dei danni da parte dell’azienda. Il lavoratore, infatti, può mettere in mora il datore di lavoro che si rifiuti di adempiere l’ordine di riassunzione provvisoriamente esecutivo. E la messa in mora, nello speciale contesto della disciplina di favore del lavoratore, gli consentirà di chiedere all’azienda, in via riconvenzionale, il risarcimento dei danni subiti per il mancato reintegro, da quando è stato emesso l’ordine provvisoriamente esecutivo a quando è stato riformato.