A22, Toninelli chiarisce, decide il Governo
I sedici soci pubblici di Autostrada del Brennero spa, sottoscrittori dell’intesa del 14 gennaio 2016 con il Governo per l’affidamento in house della concessione trentennale di gestione dell’A22, hanno tentato di riaprire la trattativa con il Governo sul modello di governance e il piano degli investimenti. Ma dal ministro delle infrastrutture dei trasporti Danilo Toninelli , ieri, è arrivata una nota che suona come uno schiaffo. Perché, al di là della posizione istituzionale di apertura al dialogo, la posizione del ministro 5 Stelle, cioè del Governo giallo-verde, rimane la stessa. Ed è quella che i presidenti di regioni, province e comuni tra il Brennero e Modena, riunitisi ieri l’altro a Trento, hanno definito «rischio nazionalizzazione». Da evitare, al costo di prendere seriamente in considerazione l’incognita di partecipare ad una gara di evidenza pubblica (quella che con l’intesa di gennaio 2016 con l’allora ministro Delrio si voleva evitare) per ottenere la concessione, piuttosto che, per usare le parole di Federico Sboarina , sindaco di Verona, «legarsi mani e piedi al Governo».
«Pronto e disponibile al dialogo con le autorità regionali e locali per la definizione dei dettagli dell’importante accordo che riguarda la concessione della autostrada A22» scrive il ministro Toninelli, anticipando pubblicamente la risposta alla lettera inviatagli dal presidente della Regione Trentino Alto Adige (primo azionista di Autobrennero) Arno Kompatescher , a cui i soci pubblici hanno dato mandato di riaprire la trattativa assieme al presidente della Provincia di Trento, Maurizio Fugatti . «Tuttavia, sugli 800 milioni di opere per viabilità ordinaria funzionale, si fa notare che l’ammissibilità in tariffa non dipende dal dicastero, ma è demandata all’autonoma valutazione dell’Art (Autorità di regolazione dei trasporti, ndr), quale regolatore indipendente». È la questione più di sostanza: gli 800 milioni di «opere funzionali» (di cui 200 per opere da realizzare in Trentino e altrettante in Alto Adige) sono considerati irrinunciabili dai soci pubblici territoriali. Kompatscher, che fino ad ora è stato il più possibilista sulla conclusione della trattativa, è arrivato a dire: «Qui lo dico, qui lo nego: se non ci sono gli 800 milioni, non si firma».
Solo in apparenza meno di sostanza è la questione del «comando», di chi avrà l’ultima parola nel Comitato di indirizzo e coordinamento. La Regione e gli altri soci pubblici locali chiedono almeno di poter esprime un «gradimento» sul nome del presidente, espressione del Governo (Mit). Ma anche su questo il ministro Toninelli, dopo che si era detto d’accordo, spegne ogni speranza: «Per quanto riguarda il consenso vincolante dei soci locali sul nome del presidente del Comitato paritetico di indirizzo e coordinamento» scrive Toninelli «si ricorda che la Dg Grow della Commissione Ue ha ribadito più volte la propria contrarietà a tale misura, contrarietà espressa ancora il 13 novembre scorso e confermata, in ultimo, con il parere del 20 novembre. Una posizione che condurrebbe certamente a una procedura di infrazione qualora fosse contraddetta dalle scelte di definizione della governance del concessionario». Toninelli chiude la nota dicendo che «ritiene fondamentale, sul tema, il principio di leale collaborazione e di dialogo costruttivo tra le istituzioni coinvolte».
Ma lo schiaffo alle ambizioni dei soci territoriali pubblici proprietari di Autobrennero resta. Questi hanno l’impressione che vengano scaricate su altri decisioni in tutto e per tutto politiche che sono in realtà del ministro. A partire dagli 800 milioni, perché l’Art è titolata a pronunciarsi sul sistema tariffario a garanzia del piano investimenti, non su quest’ultimo, che è definito dall’accordo tra concessionario (Ministero) e concedente, i soci territoriali che poi, in base allo schema di accordo interistituzionale, si affidano ad una newco in house (BrennerCorridor) per la gestione operativa dell’arteria. Anche l’ipotizzata «procedura di infrazione» europea è ritenuta strumentale, perché il parere della Dg Grow non è affatto obbligatorio.