Lavoro nei campi, boom di richieste

Il balzo, nei numeri, è di per sé clamoroso. Un balzo che “fotografa” il disastro occupazionale causato da Covid-19. Nel 2019, per il lavoro stagionale nei campi, sulla piattaforma dell’Agenzia del lavoro c’erano state 1.142 candidature, per 130 imprenditori agricoli coinvolti e 300 assunzioni effettive (nel 60% con il supporto dei centri per l’impiego territoriali, nel 40% attraverso le associazioni di categoria). Quest’anno, gli iscritti sono saliti a oltre 5.100 . Il dato ufficiale, depurato ieri pomeriggio dai doppioni e dalle rinunce, spiega Paola Garbari dell’Agenzia del lavoro, è di 5.002 richieste.

MOLTI CON ESPERIENZA

La distribuzione territoriale delle domande è indicata nella tabella a fianco. Di rilevante, per le aziende, c’è un dato: 3.501 persone (il 70% dei richiedenti) ha già avuto esperienza di lavoro in agricoltura. La stessa percentuale ( 70% ) coglie il numero ( 3.501 ) di richiedenti italiani. Sul totale, 4.252 persone ( 85% ) dichiarano di essere pronte, da subito, a lavorare; 2.876 ( 57,5% ) sono disponibili a lavorare su tutto il territorio provinciale e 1.630 necessitano di alloggio. Altro dato: 1.080 sono under 25 , a conferma della disponibilità-bisogno dei giovani di “ritornare” all’agricoltura ( 1.595 sono nella fascia 25-35 anni, 1.863 tra i 35 e i 55 e 464 over 55).

DISPONIBILITÀ INSUFFICIENTE

Tutta questa forza lavoro potenziale, con una buona presenza di cassaintegrati e disoccupati del settore turistico-alberghiero, però non basta. Sono le associazioni agricole a confermarlo. Enzo Bottos , direttore di Coldiretti Trento, spiega: «Il fabbisogno 2019 è stato di circa 28 mila addetti, di cui 17-18 mila stranieri comunitari e 1.500-2.000 extra comunitari». «Dai nostri dati» puntualizza Paolo Calovi , presidente di Cia del Trentino «emerge che il 17% sono italiani, il grosso sono rumeni, il 48% , il 5% polacco, il 2% slovacco». «Nei campi» spiega Massimo Tomasi (direttore della Cia) «sono rappresentati 70 Paesi». «Compresi gli indiani che anche in Trentino lavorano nelle stalle» aggiunge Calovi.

POCHE GIORNATE LAVORATE

Altro dato estrapolato dalle assunzioni gestite da Cia: «Il 95% di chi lavora in agricoltura è stagionale, l’ 85% » dice Calovi «lavora meno di 50 giornate l’anno. Solo l’ 8% lavora da 51 a 100 giornate». In questo contesto, si capisce la carica innovativa che, sulla carta, potrebbe avere la diffusone dei contratti di rete (ne riferiamo in basso) nel settore, per prolungare, stabilizzare e professionalizzare i rapporti di lavoro. Visti i numeri, con la stagione del raccolto (piccole frutti e ciliegie nel fondovalle) alle porte, la situazione è da allarme rosso. Ancora Calovi: «La preoccupazione deriva dal fatto che le operazioni colturali vanno programmate, e se non hai la manodopera non lo puoi fare. Ogni ritardo compromette la qualità finale del raccolto. E se si fa in ritardo il dirado manuale in un frutteto, e così in un vigneto, si compromette pure la produzione dell’anno dopo. Nei prossimi giorni, a soffrire di più saranno i piccoli frutti».

LA “QUARANTENA ATTIVA”

Cosa fare, allora, per non restare schiacciati dall’emergenza manodopera? «Fondamentale è far entrare la manodopera dall’estero» dice Calovi. Il modello è quello tedesco. «La Germania e la Gran Bretagna (e lo stesso ha chiesto la Francia) hanno attivato i corridoi verdi» spiega da Coldiretti il direttore Bottos. Volo Charter, con costi a carico dell’azienda, dalla Romania, con tanto di pre-contratto già predisposto. Atterraggio in aeroporto (con regime da coprifuoco in Germania), spostamento dei lavoratori in azienda su pullman. Controllo (tamponi e temperatura) da parte del medico del lavoro. Vitto e alloggio garantiti. E, soprattutto, possibilità di lavorare da subito nei campi, in quarantena, distanti dagli altri operai. «È l’isolamento volontario attivo che chiediamo sia attuato anche in Italia» dice Bottos «non è chiaro perché da noi non si possa fare». «È fattibile, le aziende sono attrezzate» aggiunge Calovi «è chiaro che dalla Romania i lavoratori che da anni hanno costruito un rapporto fiduciario con le aziende, non sono disponibili a venire se devono stare isolati in casa per due settimane, inattivi».

VOUCHER SEMPLIFICATI

Coldiretti punta ancora sui voucher semplificati, che intanto il governo ha bocciato. «Solo come soluzione per l’emergenza» dice Bottos. Coldiretti ha inviato una mail alle 8.500 aziende socie per raccogliere le esigenze (quantità di giorni, periodo colturale, zona di produzione) ed incrociarle con le oltre 5 mila disponibilità registrate sulla piattaforma dell’Agenzia del lavoro, valorizzando anche il ruolo dell’Ebta, l’ente bilaterale. «Con Cia condividiamo la battaglia nazionale sui corridoi verdi e sui voucher, ma intanto sfruttiamo quello che abbiamo, il bacino di studenti, pensionati, cassaintegrati. Non possiamo perdere tempo» dice il direttore di Coldiretti.

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