Perché gli operai Sicor scioperano: l'azienda disdice anche il contratto nazionale ed è una vicenda che riguarda tutti noi

di Gigi Zoppello

Ieri in piazza Dante a Trento c’era una manifestazione. Bandiere dei sindacati, operai che protestavano sotto il palazzo della Provincia, cittadini che passavano frettolosi lanciando a malapena un’occhiata. Ma oggi vale la pena di raccontare la storia di questa protesta, perché è una storia che bene o male riguarda tutti coloro che in Trentino lavorano. Ma proprio tutti, anche me e voi.

A protestare erano i dipendenti della Sicor, una fabbrica di Rovereto, zona industriale sud. E il nome Sicor - che ai più non dice nulla - è diventato negli ultimi mesi il simbolo di una lotta che molti ritenevano defunta, appartenente al secolo scorso: la lotta per la dignità del lavoro.

Già prima del Covid, in questa azienda metalmeccanica che produce componentistica meccanica (motori per impianti a fune ed ascensori) con commesse nella filiera della Dana, si erano registrati segnali di riduzione delle garanzia degli addetti: stop ai premi di produzione, poi la ventilata ipotesi di tagliare gli stipendi (e da qui i primi scioperi, nell’ottobre 2019).

Il 15 luglio scorso, poi, la doccia fredda: una raccomandata in cui l’amministratore delegato Massimo Santambrogio per conto del proprietario Eduardo Gomiz annuncia l’annullamento del contratto integrativo. Il che significa la decisione di assorbire gli aumenti contrattuali dai superminimi collettivi nonché, più grave, la cancellazione della 14esima e del superminimo aziendale previsto dal contratto di secondo livello (in sintesi, lo si vuol ritenere assorbibile rispetto ai futuri aumenti contrattuali).

L’azienda spiega la scelta con la necessità di razionalizzare i costi, ritenuti insostenibili, che metterebbero a rischio la prosecuzione di tutti i posti di lavoro. Insomma: lavorare come prima, ma prendendo meno in busta paga.

Scatta immediato lo sciopero dei dipendenti. Uno sciopero con picchetti ai cancelli, dapprima a singhiozzo. Ma soprattutto uno sciopero e una protesta che non accennano a finire. Perché la lotta della Sicor diventa un simbolo. E gli operai di altre fabbriche riconoscono subito che la lotta alla Sicor è una frontiera che li riguarda.

Per tutta l’estate, la protesta si allarga a macchia d’olio: si sono infatti mobilitati man mano i colleghi di Pama, Bonfiglioli, Metalsistem e Dana di Rovereto, Dana di Arco, Siemens di Spini di Gardolo, Ebara di Cles, Sapes di Storo, Sapes di Condino, Meccanica del Sarca di Pietramurata, Mcs di Ala e Almax di Mori. La lotta, comunque, è andata oltre i metalmeccanici coinvolgendo Luxottica e San Carlo Snacks di Lavis oltre che le categorie Funzione Pubblica Cgil, Filctem, Flai e Spi e seguita costantemente dalla segreteria confederale della Cgil del Trentino. Con la riunione della triplice provinciale, pronta a proclamare uno sciopero di tutti i metalmeccanici del Trentino.

Se la protesta durante luglio e agosto andava inasprenosi, il culmine dello scontro è arrivato ieri sera: un’altra raccomandata ha raggiunto sindacati e Confindustria ed ha raggelato il sangue a tutti, perché sposta la vertenza su tutto un altro livello di asprezza. La Sicor disdetta il contratto nazionale. Significa che, fatte salve le retribuzioni - e quello lo impone la legge - l’azienda metalmeccanica è libera di proporre contratti individuali. Di qui la manifestazione a Trento.

Un fatto inaudito, e grave: per capirci, in Italia solo la Fiat lo aveva fatto nelle vertenze nazionali. E a questo punto il sentore è che la vertenza, iniziata come una pur difficile trattativa sul contratto integrativo, sia entrata in una fase nuova, ma che nessuno dei soggetti sappia bene quale possa essere ora il punto di caduta.

Chiare - purtroppo - le parole dell’amministratore delegato Massimo Santambrogio che ha annunciato il «proprio recesso unilaterale dal Ccnl Metalmeccanici Industria, stante per altro la sua scadenza e il mancato rinnovo ad oggi. Per tale motivo, questa azienda cesserà definitivamente di utilizzare il Cccnl in questione, non appena terminato il processo di trasferimento delle garanzie economico retributive che caratterizzano le posizioni individuali dei lavoratori coinvolti nel processo, onde evitare che i medesimi abbiano a subire pregiudizi dalle scelte aziendali, e comunque in data anteriore all’eventuale rinnovo contrattuale».

In tutto questo i sindacati - Fiom e e Uilm - hanno provato la carta della mediazione, tentando di coinvolgere Provincia e Confindustria. Ma dalla giunta provinciale (assessore Spinelli in primis), spesso pronta a intervenire, è venuto solo silenzio, denunciano i sindacati. Fiom, Fim e Uilm hanno chiesto con urgenza l’apertura di un tavolo di confronto con Provincia e Associazione industriali «chiedendo che i soggetti del territorio si assumano le proprie responsabilità per spingere la Sicor a riaprire il confronto, riservandosi in alternativa di mobilitare l’intera categoria, fino allo sciopero generale». Nessuna risposta.

«È grave che Sicor non si sia presentata all’incontro con il sindaco in luglio e che la Provincia non prenda una posizione netta. Le imprese che vengono qui devono dimostrare rispetto per istituzioni e cittadini. Sicor non si faceva sentire dal 21 luglio. - spiega Aura Caraba dalla Fiom - . L’azienda vuole risparmiare e portare i soldi dei lavoratori al proprietario».

La sindacalista ha cercato di coinvolgere la proprietà. «Ho scritto una lettera a Eduardo Gomiz chiedendo una riflessione seria e ritiri la disdetta. Ho ricordato che aveva già cancellato il premio di risultato e quindi c’è già un risparmio.
Se a settembre sarà ancora così andremo in tribunale». Purtroppo, la risposta è stata l’uscita anche dal contratto nazionale.

«La vicenda Sicor - conferma il sindacato - potrebbe avere conseguenze sulle condizioni di lavoro in Trentino e sul modello di relazioni sindacali, sinora improntate al dialogo ed alla responsabilità, che ha consentito al Trentino di godere di una pace sociale e di relazioni collaborative di stampo nordeuropeo. Perché la Sicor è un’azienda sana e robusta, costantemente in utile, che ha commesse, che assume e addirittura chiede lo straordinario ma pretende con motivazioni pretestuose di azzerare di fatto decenni di conquiste sindacali e comunque, alla luce delle dichiarazioni più recenti della dirigenza, vuole tenersi le mani libere per poter licenziare. Un fatto inaccettabile».

E, come detto, è arrivata in maniera spontanea, fin dalle prime battute, la solidarietà degli altri operai. Che stanno contribuendo ad aiutare gli addetti Sicor con la «cassa di resistenza», su cui versano parte dei loro salari per solidarietà con i colleghi.

«Il mondo del lavoro ha capito subito la potenza dell’attacco ed ha consapevolezza che questo creerebbe un precedente pericoloso per tutto il territorio». Insomma, la battaglia partita dentro l’azienda roveretana ha fatto breccia nelle tute blu.

In tutto questo lungo braccio di ferro, una sola volta la Sicor è intervenuta: con un comunicato stampa del 10 settembre scorso tramite l’Associazione Industriali del Trentino, firmato dall’amministratore unico Santambrogio. Ecco il testo integrale:

Egregi Signori,
in qualità di amministratore unico di Sicor S.p.A., invio questa lettera aperta, dovendo intervenire nel dibattito mediatico su una questione che invero a mio avviso riguarda esclusivamente la vita dell’azienda e dei suoi dipendenti, con la consapevolezza del legittimo esercizio, da parte di entrambe le parti, di tutti i diritti garantiti dal nostro Ordinamento.
Da alcuni mesi leggo – a cadenza pressoché quotidiana – articoli, commenti e stralci di interviste o dichiarazioni, afferenti la “questione Sicor”, di cui mi pregio di essere l’amministratore unico dall’inizio di questo sfortunato anno, godendo della piena fiducia della proprietà aziendale, e sento ora di dover precisare alcune circostanze riferite in modo evidentemente inesatto e alquanto fazioso.

Proprio per questo motivo, sino ad oggi, ho ritenuto di non alimentare inutili polemiche – sotto il profilo mediatico – preferendo avere un dialogo con i soggetti a ciò preposti, e con i lavoratori dell’azienda, unico vero punto di riferimento del sottoscritto, promuovendo momenti di discussione con essi e rispondendo – persona per persona – a qualsiasi loro domanda.

Dato il contesto, non posso più esimermi dall’esporre dati e fatti che hanno condotto fino ad oggi le scelte di questa azienda, precisando che non ho intenzione di dar vita a un ulteriore battage mediatico, e dunque limiterò il mio intervento a questa lettera, rimanendo disponibile - come ho fatto fino ad oggi - a discutere con gli interlocutori a tal fine preposti (Sindacati e Lavoratori). 

Fino al mio arrivo, i lavoratori dell’azienda hanno percepito una retribuzione media superiore di almeno il 40% a quella prevista dal Contratto Collettivo Nazionale. Il costo del lavoro era, e ancora adesso è, insostenibile in proporzione al fatturato aziendale: questa situazione ha portato l'azienda a delle difficoltà che la pandemia ha solo aggravato e che avrebbero costretto a una sensibile riduzione di posti di lavoro. Ci siamo dunque mossi nei limiti della legalità, informando le rappresentanze aziendali e cercando di trovare con esse delle soluzioni, da una parte per razionalizzare tutta la contrattazione di secondo livello e gli istituti che da essa erano stati introdotti nel tempo, dall’altra per individuare un meccanismo di premialità vero ed efficace, al passo coi tempi e proporzionato alle capacità e ai risultati dell'azienda. Lo ribadisco: il tutto al fine di evitare una ben più drastica attività di taglio di posti di lavoro.

In sostanza, l’azione posta in essere consiste nel superare la dazione di un “premio annuo” - perché di questo si tratta e non della 14° mensilità - sacrificando solo in parte una serie di privilegi oggi insostenibili. Di fatto, la retribuzione media si abbassa da un circa + 40% a un circa + 33% del reddito previsto dal CCNL di riferimento. Di queste necessarie azioni, e delle motivazioni che ne sono all’origine, abbiamo discusso con le rappresentanze sindacali in una serie di sette incontri, tutti volti a condividere una progettualità dell’azienda, sulla base di dati inconfutabili, dei quali gli organi di stampa pare non abbiano avuto mai notizia. A valle di questi incontri due dei rappresentanti sindacali aziendali hanno dato le dimissioni non condividendo le decisioni portate avanti dalle OO.SS.

A fronte della concretezza degli argomenti portati in tutte le sedi opportune e con tutti gli interlocutori preposti, ho ricevuto la concreta collaborazione della maggior parte dei lavoratori di Sicor, vero ed essenziale indice della giusta direzione presa per costruire con loro il futuro dell’azienda a dispetto di chi non comprende o non vuole comprendere che un sacrificio di tutti comporta la possibilità di non dover sacrificare molti. 

Aggiungo i reali dati dell’adesione allo sciopero: dal primo giorno di agitazione ad oggi registriamo un’adesione media del 15%, equivalente a 3.672 ore di sciopero (a fronte di 23.435 ore lavorate), dato evidentemente ben distante dai numeri pubblicati recentemente dai vari quotidiani. Il dato è calato costantemente di giorno in giorno, in maniera proporzionale alle occasioni di colloquio che ho creato con i lavoratori di Sicor, condividendo le strategie aziendali e le conseguenti azioni per il rilancio dell’azienda.

Tutto quanto sopra esposto e documentato dal sottoscritto al solo fine di impedire che quanto emerge dagli articoli sino ad oggi pubblicati possa condizionare gli animi di quanti, pur con il massimo della buona fede, si sentano indotti ad assumere decisioni, iniziative o condotte, senza conoscere il reale stato delle cose». Firmato: l’ Amministratore Unico Massimo Santambrogio.

Come andrà a finire? Nessuno lo sa. Ma sbaglia chi vede nella vicenda Sicor una banale controversia aziendale. Questa volta - grazie alla caparbietà dei dipendenti di Rovereto - hanno capito tutti che la vicenda è molto più grossa. E che quello che oggi tocca a loro, domani potrebbe succedere a chiunque altro. Metalmeccanico o tessile, o di qualunque altra categoria. 

 

comments powered by Disqus