Le Casse Rurali verso l'addio all'affare Carige: ieri sofferto cda con Fracalossi, Cassa Centrale pensa di tirarsi indietro
TRENTO - Complesso consiglio di amministrazione per Cassa Centrale Banca ieri. Sul tavolo la decisione sull'esercizio dell'opzione di acquisto di Carige dal Fondo interbancario di tutela dei depositi.
Ccb possiede attualmente l'8,3% della banca genovese, acquistato sottoscrivendo l'aumento di capitale del 2019, ma si è garantita la possibilità di acquistare a un importante sconto rispetto ai valori di sottoscrizione anche la quota dell'80% in mano al Fitd, che andrebbe ai trentini per circa 300 milioni di euro. I pronostici sull'operazione (l'esercizio della call) non sono favorevoli.
Il contesto della pandemia e la conseguente crisi economica, tra l'altro particolarmente dura in una terra a vocazione turistica come la Liguria, han sicuramente cambiato le prospettive alle acquisizioni bancarie.
E' poi risaputo che sin dall'inizio non ci fosse un'adesione corale sull'operazione Carige nel mondo cooperativo Ccb.
Ancora nel tardo pomeriggio, comunque, non risultava - secondo quanto filtrato da fonti qualificate - che il gruppo presieduto da Giorgio Fracalossi abbia formalizzato la propria decisione al Fitd.
Nel Fondo, comunque, soprattutto dopo la decisione della Corte Ue che ha dichiarato legittimo l'intervento del Fitd su Tercas, da quanto filtra si attenderebbe la decisione con spirito 'laico'.
Se i trentini si chiameranno fuori ci sarà la possibilità di valutare eventuale nuovi soggetti per la business combination chiesta dalla Bce, alla quale Carige porterebbe in dote un bilancio pulito dalle sofferenze dopo l'aumento di capitale e la cessione degli incagli ad Amco che han permesso il ritorno alla gestione ordinaria nel gennaio del 2020, oltre al 'tesoretto' in imposte attive differite (fino a 1,2 miliardi le Dta) per un acquirente che chiudesse l'operazione entro quest'anno.
Quanto alle analisi sul fatto che a Carige possa servire ancora capitale, anche senza una business combination in tempi stretti, l'idea è che si potrebbe comunque gestire senza criticità anche una attesa di più lungo respiro facendo fronte a supposti, e non già previsti, fabbisogni di patrimonio con nuove dismissioni puntuali.