I vitigni dimenticati vengono riscoperti per la sfida dei mutamenti climatici
Nelle Langhe si studia la resistenza di 500 varietà di uva al riscaldamento atmosferico, grazie alla Collezione ampelografica di Grinzane Cavour. Tra i filari sono in corso le ricerche dell'Istituto per la protezione sostenibile delle piante (Cnr) su vigne tipiche di Piemonte, Valle d'Aosta e Liguria
TORINO. A volte per costruire il futuro bisogna guardare al passato. Succede alla Collezione ampelografica di Grinzane Cavour, nelle Langhe, il maniero abitato da Camillo Benso conte di Cavour su una collina coltivata a vite. Tra i filari, l'Istituto per la protezione sostenibile delle piante, che fa parte del Cnr, ha messo a dimora 500 varietà di uve dimenticate e tipiche di Piemonte, Valle d'Aosta e Liguria.
Per preservare questo tesoretto di biodiversità, utili anche a fini didattici, ma anche per studiare quali di queste piante, che hanno già superato la prova del tempo, abbiano le giuste caratteristiche per superare la sfida del cambiamento climatico. "In un ettaro e mezzo, la Collezione è costituita per metà da vitigni minori del Nord Ovest. Tutte uve della tradizione" precisa Stefano Raimondi, curatore di questa sorta di arca di Noè del patrimonio vinicolo italiano in una ricerca scientifica avviata da Anna Schneider. Nella collezione, ospitata nei terreni di proprietà dei comuni di Alba e di Grinzane e dati in affitto alla Scuola di Agraria, ci sono anche vitigni di riferimento internazionali e rare piante di uva da tavola, come l'uva molle del Roero, una varietà tardiva che può essere consumata a Capodanno.
In quanto custodi della biodiversità "noi ricercatori siamo ospiti con piante di proprietà del Cnr - precisa - e il Consorzio Albeisa sta finanziando microvinificazioni di alcune varietà ritrovate e il mantenimento della Collezione". Gli obiettivi del progetto sono la conservazione affinché non possano estinguersi uve tipiche del territorio, l'analisi agronomica ed enologica con vendemmie parcellari, oltre alla didattica, in particolare indirizzata agli studenti della Laurea triennale in viticoltura e enologia.
"E' una Collezione sempre in evoluzione, - sottolinea Raimondi - ma nonostante la cura quotidiana non siamo indenni da fitopatologie. Il nostro peggior nemico è il mal dell'esca che colpisce il legno delle piante. Tra le ricerche più curiose, ci hanno chiesto uve in grado di arricchire di antociani la panificazione. Poi ci sono diverse bizzarrìe da giardino, come i maxi grappoli dell'uva della Terra promessa o di Gerusalemme oppure la Rèze, forse la vitis raetica di cui scrivevano i Latini come Columella, Plinio il Vecchio e Virgilio. Tra le più interessanti la Liseiret che si stima abbia 130 figli, e tra i più famosi lo Chardonnay e il Riesling Renano. Si tratta di una varietà molto resistente al freddo invernale, si è diffusa dai Balcani alla Germania all'intera Francia in quanto molto produttiva.
"Non ci saremmo mai sognati di vinificare Liseiret, ma col riscaldamento globale - rimarca Raimondi - queste uve vocate a vini poco alcolici e con acidità sostenuta potranno trovare ideale vinificazione nel pinerolose e nell'Alta Langa come base spumante da vitigno storico. Qualche anno fa lo abbiamo iscritto nel Registro nazionale e ora è sotto osservazione alla Regione Piemonte e potrebbe essere autorizzato come 'varietà autorizzata alla coltura'. I vitigni iscritti nel Registro sono più di 500, ma la schiera dei minori arriva ad almeno duemila varietà. Un primato italiano che se la gioca col Portogallo, la Spagna è al terzo posto mentre la Francia ne ha meno. Tra i casi di successo usciti dal dimenticatoio il Timorasso, che negli ultimi dieci anni è decollato". (