A caccia nel Parco dello Stevio, Roma verso il sì. Ambientalisti pronti al contrattacco: una norma illegittima

La legge nazionale 394/91 proibisce l’attività venatoria nei Parchi, ma secondo alcune voci riprese anche sulla stampa ora la norma potrebbe subite una controversa deroga per quanto riguarda lo Stelvio affidato alla nuova gestione separata delle Province autonome di Trento e Bolzano e dellla Regione Lombardia, in virtù di un accordo politico trasversale che ha visto protagonisti la maggioranza di governo, in particolare Pd e Südtiroler Volkspartei, ma anche il centrodestra per le ricadute sul versante di Sondrio e Brescia.

Il quotidiano bolzanino Dolomiten oggi in edicola anticipa che sarebbe già in via di definizione una norma di attuazione che permetterebbe, con determinati limiti, la caccia nel Parco nazionale dello Stelvio nell'ambito del nuovo regime, contestatissimo invano dal mondo ecologista che temeva proprio un arretramento del modello di salvaguardia del patrimonio naturale.

I presidenti delle Province autonome di Trento, Ugo Rossi, e di Bolzano, Arno Kompatscher, poco fa si sono però precipitati a smentire: «Non c'è e non ci sarà neanche in futuro alcuna richiesta per aprire la caccia nel Parco dello Stelvio nelle aree di nostra competenza. Nella proposta di norma di attuazione che abbiamo avanzato, riguardante anche la gestione della caccia nei parchi naturali non si
fa menzione del parco dello Stelvio».

Qualora in futuro si riaprisse veramente questo capitolo venatorio, per provincia di Bolzano si tratterebbe peraltro di un ritorno al passato, visto che per circa vent'anni, dal 1964, l'ente locale introdusse unilateralmente una normativa, contrastante con quella nazionale, per permettere la caccia a varie specie, non solo di ungulati ma anche marmotte e gallo forcello cui all'inizio degli anni Ottanta, con un successivo provvedimento, si aggiunsero fra gli altri lepre, tasso, volpe e vari uccelli.

La scarsa sesibilità delle autorità bolzanine per il senso delle aree protette fu denunciata, fra gli altri, dal noto botanico trentino Franco Pedrotti, che già due mesi fa, dicendosi sbigottito di fronte all'atteggiamento della classe politica, aveva scritto in proposito al'Adige: «A titolo di esempio, soltanto nel 1968 vennero abbattuti 20 capi di gallo forcello, 5 in provincia di Trento e 15 in quella di Bolzano. Tralasciando altri orrendi particolari (raccolti nel mio libro "Vicende storiche del Parco Nazionale dello Stelvio"), si deve ricordare che il Wwf, tramite la Sezione di Trento, presidente Francesco Borzaga, ricorse più volte al Consiglio di Stato e nel 1983 ottenne l’abolizione della caccia nel Parco nazionale dello Stelvio. Ora siamo di nuovo al punto di partenza, la Provincia di Bolzano ha chiesto l’apertura della caccia in sede di Commissione dei 12. Evito ogni commento al riguardo.
Faccio però osservare che la legge nazionale sulle aree protette vieta la caccia nei parchi, nazionali, regionali e provinciali.
Come è noto, nei parchi naturali della Provincia di Bolzano e di Trento sono aperte alcune forme di caccia; pertanto, tali parchi, non dovrebbero neppure essere inseriti nell’elenco ufficiale delle aree protette italiane».

Se l'iter della nuova norma pro caccia proseguirà senza ostacoli parlamentari, finirà di certo con uno scontro diretto contgro le barricate che il mondo ambientalista si prepara a innalzare per respingere una logica ritenuta incompatibile con la tutela delle aree protette istituite dall'ente pubblico. 

«Chiediamo – insieme con tutte le Associazioni ambientaliste – al presidente della Repubblica Sergio Mattarella di adottare la stessa linea di condotta del suo predecessore che si rifiutò di firmare un analogo decreto di spezzettamento del Parco escogitato dal governo Berlusconi. È dal 1964 che Bolzano ci prova…

Ma oggi è necessario chiedere di più: chiediamo una rinnovata attenzione politica per tutte le aree protette, un aggiornamento scientificamente e socialmente responsabile della legge 394/1991 in base al Codice per il paesaggio, la cancellazione dei “correttivi” peggiorativi che si vogliono introdurre attraverso abborracciati ed equivoci disegni di legge o che si sono già introdotti, ad esempio con l’ultima legge di stabilità del dicembre 2014. Chiediamo che i Parchi e le aree protette nel loro insieme ritornino ad essere un giusto vanto e non una vergogna per l’Italia.

Per essere riportate a dignità le aree protette devono venire adeguatamente rifinanziate dallo Stato e devono essere poste in grado rispondere alla loro ragion d’essere basata sulla conservazione attiva della biodiversità, sulla tutela dei paesaggi e sul rilancio della qualità del vivere delle popolazioni che vi abitano, in sintonia con le altre priorità .

È ormai urgente rendere consapevole l’Iucn (Unione mondiale per la conservazione della natura) di questa deplorevole situazione, auspicando adeguati e severi provvedimenti internazionali», si leggeva in una nota di Mountain Wilderness, che un mese fa ha anche organizzato un trekking dimostrativo nel territorio dello Stelvio. «La serata che ha raccontato il trekking - scrive Mopuntain Wilderness - si è conclusa con la prima presentazione della Carta di Fontecchio, un documento condiviso dall’associazionismo ambientalista nazionale, che rilancia il ruolo dei parchi come protagonisti dello sviluppo sostenibile e come laboratori di sperimentazione non solo sul piano della conservazione, ma anche del recupero di lavori e di ripristini ambientali, come luoghi all’interno dei quali si costruiscono nuovi legami fra le popolazioni e si costruiscono condivisione e scelte partecipate».

La preoccupazione dei paladini del patrimonio naturale è che in linea generale la gestione affidata a Regioni e Province autonome porti rapidamente a un passo indietro delle tutele, per assecondare attività economiche di vario genere (caccia compresa) e in questo senso un provvedimento sull'attività venatoria allo Stelvio, se veramente prendesse corpo, potrebbe aprire una prima breccia destinata ad alalrgarsi al Trentino e alla Lombardia.

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