Con il caldo prolifera nelle pinete la processionaria urticante, però non si può farci praticamente niente
Visto l’inverno caldissimo, la processionaria del pino ha potuto proliferare, e con la primavera precoce è già uscita dai nidi. Ed ecco che la provincia autonoma di Trento dirama le proprie direttive sul parassita. La lotta al lepidottero è obbligatoria, demandata ai Comuni, ma pratiucamente non si può fare niente (l'insetticida aposito è vietato da tempo). Quindi non resta ai Sindaci cvhe raccoglierla manualmente o meccanicamente, e distruggerla.
Afferma il comunicato emesso da piazza Dante: «E’ presente da secoli in quasi tutte le vallate del Trentino, dal fondovalle fino a circa 1400 m di quota, ma negli ultimi decenni segnati dal cambiamento climatico in atto, sia la distribuzione sia la sua periodicità sono andate via via modificandosi quale risposta adattativa della specie. Stiamo parlando della processionaria del pino, Traumatocampa pityocampa, Denis & Schiffermüller, un Lepidottero ampiamente diffuso nelle pinete dell’area mediterranea, dove provoca defogliazioni e disseccamenti. I rischi per la salute umana, ma anche quella degli animali domestici, sono legati ai fenomeni irritativi provocati dall’eventuale contatto con i peli urticanti delle larve».
Come si combatte? Lo spiega il Servizio Foreste e Fauna provinciale, che ricorda ciò che si deve fare e sapere.
La processionaria del pino, Traumatocampa pityocampa, Denis & Schiffermüller, è un Lepidottero ampiamente diffuso nelle pinete dell’area mediterranea, dove provoca defogliazioni e disseccamenti ed è naturalmente presente da secoli in quasi tutte le vallate del Trentino, dal fondovalle fino a circa 1400 m di quota.
Si tratta di una specie termofila (amante del caldo) con una distribuzione spaziale determinata dalle condizioni climatiche locali (in particolare da temperatura e radiazione solare) e con un andamento temporale caratterizzato da pullulazioni periodiche con picchi, in ambiente alpino, ogni 7-8 anni. Peraltro, negli ultimi decenni segnati dal cambiamento climatico in atto, sia la distribuzione, sia la periodicità sono andate via via modificandosi quale risposta adattativa della specie.
In provincia di Trento le pullulazioni della processionaria del pino interessano mediamente circa 3000 ettari all’anno (30 chilometri quadrati) di formazioni artificiali e naturali di pino. In particolare, la media era più alta negli anni ’90 rispetto all’ultimo decennio, con un trend generale di riduzione dell’area totale infestata (che nel 1992 era di oltre 7000 ettari), fatto imputabile agli interventi di sostituzione progressiva del pino con latifoglie autoctone in molti boschi di fondovalle.
L’unica evidenza di espansione ancora in atto è quella relativa all’innalzamento di quota (da 1000 a 1400 m s.l.m. circa) e progressiva colonizzazione di valli a clima più tipicamente continentale. Tali eventi sono in buona parte spiegabili con l’aumento della temperatura registrato negli ultimi decenni.
Non esistono misure efficaci per evitare l’espandersi della processionaria, ma solo metodi di controllo utili a contenere le popolazioni, da applicare soprattutto negli anni di forte infestazione e nelle aree più a rischio (vicino a centri abitati e lungo la viabilità). Nessun intervento di controllo è tuttavia in grado di impedire che nuovi aumenti della popolazione del lepidottero si ripresentino a distanza di tempo.
Più che per i danni alle pinete, la problematica è data dalle implicazioni igienico-sanitarie, derivanti dei fenomeni irritativi provocati dall’eventuale contatto con i peli urticanti delle larve da parte di persone e animali domestici, soprattutto nel periodo di discesa delle larve verso il terreno, per lo più da inizio marzo a fine aprile. Negli altri periodi non vi sono rischi per salute, se non a seguito di contatto diretto con i nidi o con le piante infestate.
La lotta contro la processionaria del pino, resa obbligatoria dal D.M. 30 ottobre 2007 “Disposizioni per la lotta obbligatoria contro la processionaria del pino Traumatocampa (Thaumetopoea) pityocampa (Den. et Schiff)”, è attuata in Trentino attraverso la deliberazione della Giunta provinciale n. 2874 del 14 dicembre 2007, con cui sono state approvate le “Modalità di intervento contro la Processionaria del pino” da adottare a cura dei proprietari o dei conduttori dei terreni in cui si trovano le piante infestate; le problematiche generate dagli aspetti di rischio sanitario fanno, peraltro, capo all’Autorità sanitaria (Sindaco).
I citati provvedimenti sono stati ufficialmente pubblicati e trasmessi ai soggetti competenti, in primis ai Comuni, per la successiva applicazione ed ulteriore pubblicizzazione. Successivamente è stata nuovamente sottolineata l’importanza nei confronti delle amministrazioni comunali, nonché del Servizio Gestione strade della Provincia autonoma di Trento, dell’applicazione delle disposizioni sulla lotta obbligatoria alla Processionaria del pino, fornendo indicazioni su condizioni e modalità di intervento.
Oltre agli interventi selvicolturali di sostituzione del pino nero con altre specie, alla raccolta manuale e alla distruzione dei nidi, il metodo più efficace e più usato negli anni recenti è il trattamento microbiologico con Bacillus thuringiensis kurstaki (Btk), nelle zone accessibili con mezzi meccanici o aerei (vengono utilizzati dei potenti atomizzatori).
Peraltro, quest’ultimo è attualmente non applicabile ai sensi del Piano di Azione Nazionale per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, anche se il Piano è in fase di revisione con la ricerca, a livello nazionale, di una soluzione che permetta di superare la limitazione all’uso dei Btk.
Altri sistemi di contrasto, applicabili soprattutto in contesti urbani/periurbani sono l’endoterapia (iniezione di insetticida direttamente nel tronco) o la raccolta meccanica, al momento della discesa delle larve dalle piante, tramite trappola-collare da posizionare intorno al tronco della pianta, con la successiva distruzione dei bruchi.
Una volta che in primavera le larve sono scese dalle piante e si sono rifugiate nel terreno sotto forma di crisalide, per sfarfallare durante l’estate dello stesso anno o anche degli anni successivi, non vi è più alcun rischio urticante fino alla primavera seguente.
A quel punto i resti dei nidi vecchi sulle piante diventano solo una questione estetica, che si risolve naturalmente con pioggia e vento, anche se rimane buona norma evitare il contatto diretto con gli stessi.