Protonterapia, un altro rinvio Slitta il riconoscimento nazionale
Gli incontri si susseguono, i tavoli tecnici sono stati avviati, ma il centro trentino di Protonterapia sta ancora aspettando l'approvazione delle convenzioni nazionali che lo porteranno a lavorare a pieno regime. Non mancano solo i partenariati. La struttura di via al Desert non viene comunicata a sufficienza né all'esterno, verso potenziali utenti, né ad altri istituti sanitari: «La parola marketing non deve spaventare» dice il direttore Maurizio Amichetti.
Nel mondo ci sono 52 centri protonterapici. Una rapida ricerca su internet porta ai siti delle strutture, con informazioni terapeutiche, scientifiche e le testimonianze dei pazienti guariti. Il centro trentino non ha un sito, ma una pagina dedicata all'interno del portale dell'azienda sanitaria. Non ci sono foto né notizie aggiornate, ma l'elenco dei dirigenti, i recapiti e una breve descrizione dei servizi. «Abbiamo evidenziato questa carenza - conferma l'assessore provinciale alla salute Luca Zeni - e dato mandato all'Azienda di intensificare l'attività di comunicazione e conoscenza, anche verso le altre strutture di questo tipo».
A due mesi dall'avvio della seconda camera per il trattamento con il fascio di protoni, le liste di attesa si sono ridotte e c'è un incremento del numero degli utenti, soprattutto pediatrici e in anestesia. I due «gantry», strutture circolari che ruotano intorno al pazienze sdraiato e irradiano i fasci di protoni, lavorano ogni giorno su oltre venti pazienti. Finora sono 140 quelli trattati, a fronte delle previsioni iniziali, quasi 700 persone all'anno. Altre venti persone stanno aspettando. Diversamente dalla radioterapia, che sfrutta la carica dei fotoni, i trattamenti con protoni agiscono solo sui tessuti malati. I fotoni infatti possono solo essere diretti, non dosati: entrano nel corpo e lo attraversano per uscire, intaccando ciò che incontrano sulla traiettoria. Il fascio di protoni invece si ferma all'obiettivo poiché può essere calibrato attraverso piani di trattamento che prevedono visite, tac, calibrature dell'energia e una decina di giorni di lavoro per tre o quattro persone a seconda dei casi.
Si attende l'ingresso nei protocolli Lea, promesso ma non ancora in Gazzetta ufficiale. Senza i Lea, ossia i Livelli essenziali di assistenza, i pazienti non trentini devono affrontare un iter burocratico scoraggiante prima che l'Azienda sanitaria di provenienza conceda il via libera ai rimborsi delle cure a Trento (che hanno costi tra i 22 e i 30 mila euro). A volte l'autorizzazione viene negata, specialmente se le regioni hanno scelto di investire in strutture per la radioterapia. Nel febbraio scorso erano arrivate notizie rassicuranti da Roma: il ministero della salute ha licenziato i nuovi Lea ma quello dell'economia e delle finanze sta rivedendo la formula. «L'adroterapia sarà compresa nelle cure essenziali - anticipa Amichetti - ma si discute sulle "condizioni di erogabilità".
Questo significa che è tutto da vedere». Le condizioni di erogabilità potrebbero vanificare i vantaggi del riconoscimento, imponendo regole sfavorevoli a Trento. Si tratta sulle modalità e per quali patologie concedere i rimborsi: entro l'autunno dovrebbero arrivare chiarimenti definitivi. Trento chiede a Roma di concedere un canale diretto per la cura di determinate patologie. Ad oggi solo i trentini hanno accesso diretto alle cure. Il Veneto ha un canale privilegiato e uno sconto del 20% grazie all'istituto oncologico regionale.
Con le Marche invece si è instaurato un dialogo (anche economico) tra assessorati, con rimborso a fine anno. L'Umbria aveva una convenzione simile, ma di recente è stata abrogata e di fatto ora a Trento si arriva seguendo l'iter di tutte le altre regioni: preventivo, svariati pareri medici, approvazione o meno da parte di commissioni. Una procedura che lede il paziente, che di solito non ha tutto questo tempo, e il centro trentino, che deve prepararsi ad accogliere persone alle quali forse alla fine verrà negata l'autorizzazione. «In queste condizioni seguire cinque pazienti ci impegna come averne 50» dice Amichetti.
Intanto, è notizia recente che il Gruppo europeo di collaborazione territoriale Pirenei e Mediterraneo ha accolto con interesse la proposta di un progetto sulla protonterapia, per dare slancio sovranazionale al centro trentino. E si sta dialogando con Bolzano e Innsbruck per portare a Trento pazienti e tecnici dall'area tirolese. Novità a fine estate.