Report di 4 Paesi Ue: "Il glifosato non è cancerogeno"
Analisi sulla sicurezza affidata alle autorità di Francia, Olanda, Svezia e Ungheria in vista di una possibile nuova autorizzazione del discusso diserbante: il rapporto è favorevole ma raccomanda nuove analisi sull'impatto dell'erbicida sulla biodiversità
VAL DI NON La ricerca dei medici per l'ambiente sui rischi per la salute
BRUXELLES. L'erbicida glifosato non è cancerogeno, non è mutageno, né tossico per la riproduzione.
Sono le conclusioni del primo rapporto sulla sicurezza della sostanza diserbante, nell'ambito del rinnovo dell'autorizzazione Ue.
Date le polemiche degli anni scorsi, il rapporto è stato preparato dalle autorità di quattro Paesi (Francia, Olanda, Svezia e Ungheria) invece di uno come da prassi Ue.
Il documento indica che il glifosato ha i requisiti per essere ri-autorizzato in Europa, ma raccomanda ulteriori analisi del suo impatto sulla biodiversità.
Il riassunto del parere preliminare, che nel suo complesso è lungo 11 mila pagine, è stato pubblicato oggi.
La fase finale della valutazione spetta all'Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) e all'Agenzia europea dei chimici (Echa), alle quali oggi sono state consegnate le analisi e le raccomandazioni delle quattro autorità nazionali.
Le due agenzie pubblicheranno i documenti sui loro siti web e avvieranno una consultazione on line in settembre.
Raccolti i commenti, Echa e Efsa stileranno le loro conclusioni, attese rispettivamente in maggio e giugno 2022. Sarà quindi la Commissione europea a dover preparare una proposta legislativa sulla base dei pareri scientifici, da presentare ai paesi membri.
Nel 2017 il presidente francese Emmanuel Macron aveva promesso di vietare il glifosato entro tre anni, ma nel 2021 ha poi introdotto incentivi agli agricoltori per dimezzarne l'uso entro il 2022.
Nel 2019 il Parlamento austriaco aveva approvato un divieto, rinunciandovi poi nel giro di pochi mesi.
In Germania il Parlamento discute la proposta del governo di un bando dal 2024, per i danni che la sostanza potrebbe arrecare all'ambiente.
In Italia resta il divieto di uso del glifosato nelle aree frequentate dalla popolazione quali parchi, giardini, campi sportivi e zone ricreative, aree gioco per bambini, cortili ed aree verdi interne a complessi scolastici e strutture sanitarie, ma anche l'utilizzo nei campi per accelerare la maturazione e la raccolta.
È quanto afferma la Coldiretti in riferimento al rapporto sul glifosato.
"L'Italia - sottolinea la Coldiretti - che può contare sull'agricoltura più green in Europa deve porsi all'avanguardia nelle politiche di sicurezza alimentare nell'Unione Europea e fare in modo che le misure precauzionali introdotte a livello nazionale riguardino coerentemente anche l'ingresso in Italia di prodotti stranieri come il grano proveniente da Stati Uniti e Canada dove viene fatto un uso intensivo di glifosato proprio nella fase di preraccolta secondo modalità vietate in Italia dove la maturazione avviene grazie al sole".
"Con l'entrata in vigore dell'accordo di libero scambio tra Unione europea e Canada (Ceta) nel 2020 le importazioni di grano canadese in Italia sono aumentate del 70% rispetto all'anno precedente per un totale di circa 1,7 miliardi di chili ma il problema - conclude la Coldiretti - riguarda anche fagioli, lenticchie e ceci provenienti soprattutto da Paesi come gli Stati Uniti e il Canada dove vengono fatti seccare proprio con l'utilizzo del glifosato".
Secondo una ricerca dell'Università di Austin nel 2018, riportata dal Guardian e smentita dal produttore del pesticida, la Monsanto, il glifosato fa male anche alle api, uccidendo batteri benefici che vivono nel loro intestino e rendendole più esposte a infezioni.
Al momento è dimostrato che sono dannosi per le api alcuni pesticidi neonicotinoidi, per questo banditi dalla Ue. Ma la ricerca dell'ateneo texano solleva dubbi anche sul glifosato, in assoluto il pesticida più usato. Di recente questa sostanza ha visto rinnovata l'autorizzazione dall'Unione europea, fra aspre polemiche.
"Abbiamo dimostrato che l'abbondanza di specie di batteri intestinali è ridotta nelle api esposte a glifosato in concentrazioni documentate nell'ambiente", scrive il ricercatore Eric Motta. Nello studio si sostiene che le giovani api operaie esposte al pesticida muoiono più facilmente se infettate da un comune batterio.
Una ricerca pubblicata in Cina aveva mostrato che le larve di ape esposte al glifosato crescono più lentamente e muoiono più spesso.
"L'affermazione che il glifosato abbia un impatto negativo sulle api da miele è semplicemente non vera -, è la replica di Monsanto -. Nessun studio su larga scala ha trovato alcun legame fra il glifosato e il declino della popolazione delle api. Più di 40 anni di prove scientifiche robuste e indipendenti mostrano che non pone alcun rischio ragionevole per umani, animali e per l'ambiente in generale".